Cosa provereste se d’un tratto uscendo dalla cucina non trovaste più vostro marito con cui avevate parlato un attimo prima mentre lavavate i piatti? Cominciate a cercarlo per tutta la casa, ma niente, svanito così, quasi nel nulla. Provate a chiudere gli occhi e cercare di cogliere l’emozione che sentite.
Se solo i bambini riuscissero a spiegare a parole ciò che sentono sicuramente ve lo direbbero loro ciò che si prova a sentirsi d’un tratto “abbandonati” senza alcuna spiegazione approfittando di un momento di distrazione. Chissà quanti di voi avranno atteso che il loro piccolo fosse impegnato in qualche attività per uscire, per chiudersi lentamente alle spalle quella porta con la speranza di non sentirlo piangere.
Eppure capita spesso che dopo pochi minuti il bambino cominci ad aggirarsi smarrito cercando di trovare in qualche angolo della casa la propria mamma. Non trovandola quello che sperimenterà sarà un vero e proprio sentimento di abbandono.
Il bambino non riuscirà mai a capire cosa è successo. Penserà non che la sua mamma è uscita, ma che è proprio sparita! Quello che erroneamente si pensa è che andare via nel momento in cui il bambino non sta guardando renderà meno traumatico il distacco. Ma non è così. Non è fuggendo inosservati che il bambino non piangerà. Anzi.
Nel momento in cui si girerà per cercare la sua mamma e tranquillizzarsi per la sua presenza e non la troverà si sentirà irreparabilmente abbandonato e tradito. E così si indeboliranno le basi della fiducia, della sicurezza e dell’autostima.
La spiegazione psicologica di questo è che il bambino attraversa diverse fasi dello sviluppo del pensiero che vanno da uno prettamente istintivo in cui il bambino non possiede una rappresentazione interna degli oggetti (0-24 mesi) fino a quello in cui acquisisce la capacità ipotetica-deduttiva per la quale l’astrazione diviene più semplice (11-12 anni) (Piaget).
Ecco quindi che il bambino, non possedendo una capacità matura di conservare nella sua mente l’immagine materna e non riuscendo a rappresentarsela mentalmente, si sentirà come abbandonato. Solo dopo il terzo anno, all’incirca, avrà sviluppato un pensiero di tipo simbolico, che gli consentirà di rappresentarsi mentalmente il ritorno o la presenza della mamma anche in sua assenza.
Ad ogni modo, quello che di rilevante c’è da cogliere è l’importanza del saluto al bambino prima di allontanarsi da lui. Non vuol dire che salutarlo renderà meno traumatico il distacco o che il piccolo non piangerà e rimarrà sereno, ma di certo non dovrà fare i conti col misterioso pensiero del “chissà se la mia mamma tornerà mai!”.
La cosa fondamentale è essere sempre reali, trasparenti coi bambini anche quando ci sembrano troppo piccoli per comprendere cosa accade intorno. Loro hanno un bisogno fondamentale che è quello di percepire una presenza affettiva costante. È proprio attraverso l’alternanza della vicinanza e dell’allontanamento che si creerà una relazione affettiva sana e ciascun bambino imparerà a sentirsi maggiormente sicuro di sé e si fiderà delle persone che si prendono cura di lui.
Insegniamo loro che quando la mamma esce e li saluta sì per un po’ non la vedranno ma poi tornerà…e questo per loro dovrà divenire indubitabile.
Dott.ssa Florinda Bruccoleri
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psiconcologa ed esperta in psicologia forense.
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