Prendersi il tempo per ridere, apprezzare i momenti piacevoli e godere delle piccole cose sono atteggiamenti che influiscono sul cervello e sul sistema nervoso potenziando le abilità di problem solving e questo, a sua volta, rafforza la resilienza.
In fisica il termine resilienza indica la proprietà di un materiale di resistere a stress, ossia a sollecitazioni ed urti, riprendendo la sua forma o posizione iniziale (immaginate di schiacciare pallina di tennis).
Tra i fattori individuali che promuovono la resilienza vi sono: avere relazioni sociali intime, flessibilità/adattabilità (essere cooperativi, amabili e tolleranti e inclini al cambiamento), essere assertivi e saper chiedere aiuto, sensibilità interpersonale, autoefficacia, locus of control interno, capacità di porsi degli obiettivi e di trovare strategie adeguate per conseguirli, progettualità futura, ottimismo, senso dell’umorismo, rete sociale di supporto informale. (1)
Per illustrare una modalità di far fronte alle proprie disgrazie con l’umorismo, riporto un brano di un testo di Angeles Mastretta, Donne dagli occhi grandi: “Si svegliava nel cuore della notte con la certezza che si sarebbe spezzata in due, sicura che il dolore se la sarebbe mangiata in un sol boccone. Ma appena faceva giorno si alzava dal letto, si metteva sul volto il sorriso, si aggiustava lo splendore sulle ciglia e usciva incontro al prossimo come se i dispiaceri la facessero galleggiare nell’aria.
Nessuno osò mai compatirla. Era tanto stravagante la sua forza, che la gente cominciò a cercarla per chiederle aiuto. Qual era il suo segreto? Chi proteggeva le sue afflizioni? Dove trovava il talento per non piegarsi davanti alle peggiori disgrazie?
Un giorno svelò il suo segreto a una giovane donna il cui dolore sembrava non avere rimedio:
‘Ci sono molti modi di suddividere gli esseri umani’, le disse. ‘Io li divido tra quelli con le rughe all’insù e quelli con le rughe all’ingiù, e io voglio far parte della prima categoria. Voglio che la mia faccia da vecchia non sia triste, voglio avere le rughe che vengono dal riso, e portarle con me all’altro mondo. Chissà che cosa dovremo affrontare laggiù’.” (2)
Ex maratoneta, Salvo Campanella 40 anni, una moglie, due figli, è vivo per miracolo. Il 2 luglio del 2012 è precipitato da sette metri di altezza, nel cantiere dove lavorava. Racconta in un intervista riportata sulla rivista SuperAbile INAIL (3) : «Cosa ho provato dopo l’incidente? Mi sono fatto una risata. Intanto sono rimasto vivo, e poi poteva andare peggio».
Questa sua dichiarazione dimostra l’importanza della resilienza, infatti gli individui che dopo aver vissuto un evento negativo attivano un processo resiliente non rimangono “intrappolati” nel dolore ma risanano le ferite assumendosi il controllo della propria esistenza e riorganizzando la propria vita.
Generalmente la persona resiliente tende a “leggere” gli eventi negativi come momentanei e circoscritti e ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda (locus of control interno-dipende da me); inoltre, tende a vedere i cambiamenti come una sfida e un’opportunità, piuttosto che come una minaccia. Di fronte a sconfitte e frustrazioni questi individui sono capaci di non perdere la speranza (4) (traggono insegnamenti).
La resilienza, il cui significato è: “mi piego ma non mi spezzo” (mentre mi piego mi preparo), sta a significare che il vero campione esce fuori dalle sconfitte con più voglia riscattarsi, di far meglio, di migliorare gli aspetti, le aree in cui ha mostrato carenza. Chi è resiliente, infatti, non si lascia abbattere da una sconfitta ma ne esce rafforzato, analizza i suoi errori e trova le giuste soluzioni per tornare a vincere. È grazie a questa dote del carattere che si diventa campioni: alcuni ci nascono altrimenti la si può sempre coltivare.
Lo psichiatra William Glasser ha intervistato decine di persone uscite in eccellenti condizioni da svariate esperienze di pressione estrema, nel tentativo di scoprire come hanno fatto a evitare l’esaurimento (il cosiddetto burnout).
E’ emerso che la maggior parte di costoro era affetta da una sorta di “dipendenza positiva”, ossia avevano un’attività prediletta, come per esempio la bicicletta o il jogging, che si sentivano tenuti a praticare.
Tra le attività emozionali gradevoli si possono annoverare iniziative come trascorrere del tempo in compagnia di un caro amico, portare i figli in posti che amano, cucinare una cenetta per una persona che ci piace, godersi una festa in famiglia, vedere un film divertente o fare qualcosa di speciale con la persona che si ama. Ridere è una potente medicina!
Le persone più resilienti sono come bambini mai cresciuti, uno spirito curioso e giocoso contribuisce direttamente alla resilienza, perché il non prendere le cose troppo sul serio e il porre domande aiuta a scoprire come uscire da circostanze difficili.
Le energie accumulate nelle fasi positive sono durevoli, restano a nostra disposizione per quando saremo colpiti da un evento avverso o ci troveremo ad attraversare un lungo periodo di difficoltà. Prendersi il tempo per ridere, apprezzare i momenti piacevoli e godere delle piccole cose sono atteggiamenti che influiscono sul cervello e sul sistema nervoso potenziando le abilità di problem solving e questo, a sua volta, rafforza la resilienza.
Tutte queste caratteristiche possono essere incrementate con un lavoro di mental training che permette al campione di eccellere partendo da un lavoro di autoconsapevolezza per individuare e cercare le proprie risorse personali e proseguendo con un lavoro sul goal setting e sviluppo di autoefficacia personale.
Sielbert A., Il vantaggio della resilienza, come uscire più forti dalle difficoltà della vita. Edizioni AMRITA, Torino, 2008.
Mastretta A., Donne dagli occhi grandi, Giunti, Milano, 2008, pp.140-141.
SuperAbile INAIL, Il magazine per la disabilità, Roma, Agosto Settembre 2014, Numero 8-9, pp. 48- 49.
Bonfiglio N.S., Renati R., Farneti P.M., La resilienza tra rischio e opportunità. Un approccio alla cura orientato alla resilienza, Alpes, Roma, 2012.