Psicologia: se scatti “selfie” non ti piaci

Pubblicato il ottobre 1st, 2014 da Grazia Musumeci

Il sondaggio lo ha richiesto l’azienda che produce la App “Voucher Cloud” andando forse anche contro i propri interessi, dato che indaga proprio quel popolo di fanatici possessori di cellulari smartphone sull’uso che di questo fanno nel loro quotidiano. Uno studio considerevole, su 2.071 soggetti -uomini e donne- di età compresa tra i 18 e i 30 anni che ha rivelato cosa ci sia dietro la mania di scattarsi sempre foto in primo piano, l’ormai famosissimo “selfie”.

“Selfie” deriva da “self-portrait” (autoritratto) e se si volesse tradurre in italiano suonerebbe come “autino” o “autoritrattino”, un vezzeggiativo come è da tradizione del mondo del web (“fotina”, “tagghino” e così via) per indicare un’azione che alla fine è molto vuota e anche triste. Infatti, nonostante le apparenze spregiudicate e arroganti, chi si scatta continuamente dei “selfie” è in realtà una persona insicura, che non si piace e non si accetta. Il 60% del campione ha ammesso di non provare affatto la sicurezza che traspare dalla foto e anzi ha ammesso di ritoccare il ritratto con i programmi appositi, cambiando la propria espressione.

Solo uno scarso 13% ha dichiarato di sentirsi sicuro di sé e spavaldo come si ritrae. E paradossalmente questo 13% si scattava molti meno “selfie” . Il 39%, davanti alla prospettiva di scegliere se fotografare un amico, un familiare, l’animale di casa o se stesso sceglie sempre se stesso, prova che comunque l’insicurezza è diffusa e si riflette anche nel nostro rapporto con gli altri. Tutt’altro discorso per chi ama scattare “selfie” ironici, con smorfie assurde o con espressioni chiaramente falsate. Qui si denota invece una certa sicurezza di sé, un buon rapporto col proprio viso e col proprio corpo che si può anche mostrare in modo irriverente e deformato, tanto per farsi una risata.

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