Inoltre tale tipizzazione per poter essere utile, viene scelta la specifica prospettiva (che possono essere tendenti all’infinito) ma si tende sempre ad utilizzare quello migliore agli scopi prefissati.
Tuttavia, non va dimenticato che la conoscenza dei tipi psicologici migliora la conoscenza di se stessi e quindi permette di poter approfondire meglio come funzionano i nostri processi interni anche in relazione all’interazione con il mondo che ci circonda.
Temperamento, carattere e personalità
Nascendo ereditiamo i caratteri psicosomatici dei nostri genitori e della razza di appartenenza. Quindi ogni nostra reazione all’ambiente frutto delle reazioni tipiche ereditate (istinto, pulsioni, bisogni, etc) fanno parte del nostro temperamento.
Ciò che invece ci fa reagire all’ambiente è il carattere, frutto dell’iniziativa del singolo. Questa iniziativa parte dalla nascita (dove temperamento e carattere si equivalgono) per differenziarsi man mano che si cresce fino all’età adulta.
Finalmente si giunge alla personalità che consolida il temperamento (aspetti biologici) e il carattere (aspetti psichici) che su queste strutture e grazie all’influenza dell’ambiente di appartenenza aggiunge ciò che il contesto sociale ci impone (valori, modelli, adeguamento alle regole, etc).
Quali tipologie fino ad oggi
Partendo da Ippocrate abbiamo il tipo sanguigno (dal sangue), il flemmatico (dal flemma), il bilioso (dalla bile). Con Wunt le teorie fisiognomiche (l’osservazione del volto), la frenologia (conformazione del cranio), la chiromanzia (lettura della mano). Poi si susseguono altri modi per definire le attitudini degli essere umani come ad esempio, il Longitipo, il normotipo, il brachitipo, etc. Seguono, all’inizio del secolo altre definizioni, come ad esempio: il Picnico, lo Schizotimico, il Ciclotimico, il Viscerotonico, Somatotonico, Cerebrotonico e, qui mi fermo.
Tutte queste definizioni hanno il limite di voler definire il tratto psicologico partendo dal quadro biologico.
Jung e i tipi psicologici
La definizione introversione (che rappresenta l’introverso) ed estroversione (che rappresenta l’estroverso) la dobbiamo all’intuizione di C.G.Jung . Parlando dell’introverso (ad esempio, i professori di un alunno:”…è un po’ introverso) viene subito l’immagine negativa, quasi fosse un difetto. Per Jung invece non è così, perché il valore dell’introverso è uguale a quello dell’estroverso. Perché? Perché per Jung il tipo chiarisce in che direzione va l’energia psichica del soggetto. L’introverso quindi predilige il mondo interiore (focalizzato quindi sulle emozioni e sui propri pensieri) e quindi tutta la sua energia viene investita in quell’ambiente; l’estroverso invece a cui interessano le persone e i fatti predilige l’altro, quello esteriore.
Ora non dobbiamo pensare che queste due modalità sono nette ed autoescludenti: infatti usiamo tutte e due le modalità ma generalmente uno prevale sull’altro. Oltre ai tipi sopra descritti, Jung ha individuato anche 4 funzioni dell’apparato psichico e cioè il sentimento, la sensazione, il pensiero e l’intuito. Tutte queste funzioni hanno lo scopo di permetterci un migliore adattamento al mondo circostante e al modo con cui conduciamo la nostra vita. Infatti, vediamo come agiscono le 4 funzioni:
Sentimento – si preoccupa di ciò che interessa l’opinione sui valori
Sensazione – gestione dei fatti
Pensiero - attiene a tutto ciò che ha a che vedere con la logica
Intuito – cosa si cela o si può celare dietro i fatti
Secondo Jung, queste funzioni agiscono seguendo una precisa regola: ogni funzione trova sostegno ad una delle due funzioni più vicine con l’esclusione dell’altra.
Quindi, pensiero può ‘allearsi’ con intuizione o sensazione ma non con sentimento.
Un altro elemento importante per Jung è legato al concetto di coppie. La coppia P-S è caratterizzata dalla razionalità (funzioni giudicanti), mentre l’altra coppia I-S dalla irrazionalità (percettive e quindi non giudicanti).
Riepilogando, parlando di irrazionale Jung intende che la sensazione e l’intuizione sono funzioni percettive che escludono il ricorso al giudizio oppure ai principi; infatti la sensazione percepisce ciò che accade mentre l’intuizione ‘intuisce’ cosa c’è dietro i fatti senza far uso della logica oppure dei principi morali. Quindi se è noto che un soggetto usa l’elemento percezione, allora l’intuizione oppure la sensazione (e non il pensiero oppure il sentimento) sarà la funzione dominante.
Pur usando tutte e quattro le funzioni, quasi sicuramente una delle 4 viene usata di più. Ebbene, quella è la funzione principale o predominante. La seconda funzione quindi viene chiamata da Jung: funzione d’appoggio
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