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Fact Checking: la verifica delle notizie, come può aiutarci in campagna elettorale? Siamo sicuri che gli elettori vogliano la verità e non preferiscano cedere alla lusinga degli slogan? Ho partecipato come relatrice al recente convegno dell Ahref sul fact checking, tra gli interlocutori e speacker c’erano Sergio Maistrello, Guido Vetere che ne parla sul Sole 24 Ore, Luca De Biase e Achille Varzi, professore di filosofia alla Columbia University.
Come scrive De Biase “il factchecking può servire a migliorare un bene fondamentale come la qualità dell’informazione. E costituisce una pratica che allena alla visione critica delle notizie, al rispetto per il trattamento delle fonti, alla consapevolezza dell’impegno richiesto dal lavoro di raccogliere informazioni verificate e documentate. Insomma, ottiene il risultato pratico di conoscere un po’ meglio come stanno le cose e di alimentare una cultura dei media attiva a costruttiva. La strada da fare è lunga ma molto interessante.” Ma siamo sicuri che la maggioranza di noi o di chi ci sta attorno non preferisca più comodamente credere alle bugie che in troppi ci propinano? Nel video che fa parte del mio intervento al convegno illustro alcuni handicap mentali che ci impediscono di accettare che un leader che ci piace, può mentire, esagerare o mascherare la realtà dei fatti per pura propaganda. Nel video affermo che ci sono meccanismi mentali, come la proiezione e le ideologie in cui ci identifichiamo, che ci impediscono di guardare con spirito critico ai fatti. Forse conoscere gli stili di comunicazione propagandistica e i nostri gap mentali, ci può aiutare a guardare alle campagne elettorali con più spirito critico.
Come spiego nel video ci sono due tipi di leader perniciosi: quello paranoico, che crea gli odiatori, per cui tutto è nemico, e quello narcisista, che crea adoratori e si attornia di utili idioti al suo comando. Come districarsi tra le esternazioni da propaganda elettorale? Verificare le fonti, i dati è importante, ancora più essenziale è tenere presente il narcisismo e l’autoreferenzialità di molti leader, uno su tutti Berlusconi.
“Mi spiace, non voglio parlare di me in terza persona ma molto spesso mi viene comodo. Questo però non significa nessuna aumentata considerazione di me stesso, anche perché più alta di così non potrebbe essere”. (da la Repubblica, 6 dicembre 1994) Il desiderio infantile e narcisista di successo illimitato, di potere e di effetto sugli altri vira nel più volgare esibizionismo e auto esaltazione durante le campagne elettorali. L’estetica gioca un ruolo importantissimo nel processo di seduzione e suggestione della massa. Per creare sostegno e suggestione è necessario che l’immagine abbia il predominio sul pensiero. Soprattutto quando ci si rivolge ad un gruppo che poi diventa massa e mediatico, bisogna puntare sull’immagine che non è più simbolo ovvero foriero di ideologie forti, di messaggi inconsci ma diventa puro semeion: segnale di tratti distintivi e status. Il desiderio che scatta identificandosi in un leader che sfoggia ricchezza è quello di potersi impadronire anche se in modo sublimato di quella ricchezza. Quando Berlusconi esibisce la sua giovinezza o meglio, nasconde con espedienti estetici e artifizi la sua vecchiaia, sta comunicando un messaggio importante: se vuoi mi seguite e mi amate, non ci sarà più vecchiaia, potrete anche voi essere come me, ricchi, giovani per sempre e avere belle donne attorno, soldi e ottimismo. Un leader politico ha l’esigenza di rinnovare la propria immagine, ha il dovere di farsi più bello e più fresco per andare in tv. (citato in Il Cavaliere ricompare ai ministri Mi sono fatto bello per la tv, la Repubblica, 17 gennaio 2004)
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