Scava nella psicologia e nell'antropologia dell'uomo mafioso «La ballata delle balate» lo spettacolo che Vincenzo Pirrotta ha portato con grande successo al Sociale per la rassegna «Altri percorsi», entrando in una sfera dove il crimine e la violenza si uniscono spesso - le cronache di mafia ce ne hanno dato spesso testimonianza - a forme di religiosità tradizionale. Le balate sono le lastre di pietra che si mettono sulle tombe e qui stanno a rappresentare i cinquemila morti ammazzati dell'immenso cimitero in cui giacciono giudici, sindacalisti, poliziotti, giornalisti, politici che in questi nostri anni hanno pagato con la vita la fedeltà al proprio dovere. In questo lavoro forte, intenso e coinvolgente Pirrotta mette in scena il delirio onnipotente di un latitante che intona un inno esaltato e blasfemo alla propria onnipotenza assassina che, facendolo arbitro delle vite degli altri. Chiuso nella solitudine del suo covo, tra il tremolio rossastro dei lumini accesi, con in capo una corona di spine, la coccarda della confraternita al petto, un cappio al collo, incomincia la recita del rosario dove i misteri dolorosi sono quelli della Passione di Nostro Signore e quelli gioiosi sono il lungo elenco delle vittime. In un parossismo visionario e misticheggiante il protagonista identifica la sofferenza di Cristo nella sua sofferenza, e si abbandona, nel delirio, a riflessioni sull'estetica del crimine e sull'ebbrezza del sangue: il sangue effuso per la redenzione dell'uomo, l'acqua del Nilo trasformata in sangue in una delle piaghe d'Egitto, il sangue degli uccisi e non c'è piacere nello sciogliere i corpi nell'acido perché il vero modo di ammazzare un cristiano è di cavargli il sangue. Il ricordo di riti barocchi vissuti nell' infanzia (la processione del Venerdì Santo con il Cristo morto e la Vergine Addolorata) si mescola a preghiere urlate, frammenti di pizzini inviati ai familiari, ciniche riflessioni politiche in una scrittura drammaturgica espressionista e popolaresca, forte di una teatralità che viene dalla tradizione dei cantastorie e dei pupi in cui Pirrotta è maestro. «La ballata delle balate» non racconta fatti, li evoca poeticamente e li trasforma magicamente in puro ritmo e suoni, accompagnati dalle percussioni di Giovanni Parrinello, tanto che ci si dimentica subito della difficoltà di comprensione del dialetto palermitano. Calorosissimi e meritati gli applausi alla fine.
Francesco De Leonardis