Fra i tanti progetti torinesi finanziati grazie al bando Smart Cities indetto dal MIUR ce ne sono parecchi ad alta rilevanza sociale, come il progetto “ITIF”, acronimo di “Innovative Technological Instrument to assess Frailty”. Ideato e sviluppato da giovani dottorandi dell’Università di Torino, si prefigge di migliorare la qualità di vita della popolazione anziana attraverso un sistema innovativo in grado di identificare precocemente i soggetti a rischio di “frailty“, cioè di condizione di fragilità (fisica, psicologica o sociale).
Per avere alcune informazioni in più abbiamo incontrato Anna Mulasso, 27 anni, dottoranda presso la Scuola di Dottorato in Scienze Umane e Sociali e parte del team di ideazione del progetto “ITIF”.
Quali sono gli obiettivi del progetto “ITIF”?
«Puntiamo a un incremento della qualità di vita degli anziani coinvolti nello studio e a una riduzione dell’incidenza delle conseguenze negative legate all’invecchiamento, quali ad esempio disabilità, cadute, declino cognitivo, perdita di autonomia, istituzionalizzazione e ospedalizzazione, che coinvolgono un numero sempre più consistente di anziani con conseguenze spesso invalidanti. Il raggiungimento di tali obiettivi avrà ricadute positive sui singoli e sulla società, riducendo i costi sanitari e migliorando il benessere della popolazione. Gli obiettivi prefissati sono raggiungibili grazie allo sviluppo di uno strumento tecnologico innovativo (ITIF – Innovative Technological Instrument to assess Frailty) in grado di identificare precocemente i soggetti anziani a rischio di frailty».
Cos’è la “frailty” e come si inserisce nel progetto?
«La frailty è un costrutto multidimensionale sempre più studiato in letteratura e riconosciuto come predittore di conseguenze negative del processo di invecchiamento. L’ITIF permetterà la somministrazione rapida, semplice e oggettiva, di una batteria di test che indagheranno i differenti domini della frailty – fisico, nutrizionale, psicologico, cognitivo e sociale – fornendo un risultato globale di facile interpretazione e trasmettendo il risultato al medico che ha in cura l’anziano. Ai soggetti identificati a rischio di frailty sarà proposto un intervento multi-tasking della durata di nove mesi per posticipare o evitare la transizione alla condizione di fragilità».
Da dov’è nata l’idea e quali campi comprende?
«L’idea dell’ITIF era già da un annetto a questa parte che ci “frullava per la testa” ma ancora non eravamo riusciti a trasformarla in progettualità. L’occasione si è presentata con il bando Smart Cities del MIUR, che ha rappresentato un’ottima opportunità per noi giovani universitari. Inoltre la prof.ssa Silvia Ciairano, mancata improvvisamente lo scorso settembre, è stata per noi motivo di ispirazione e la passione per la ricerca, la determinazione e l’entusiasmo che è riuscita a trasmetterci, ha reso possibile questo splendido risultato. L’idea progettuale è stata sviluppata partendo dall’analisi della letteratura, in particolare prendendo in considerazione il costrutto di frailty, e cercando di trasformare, concretizzare e rendere maggiormente spendibile un costrutto teorico sempre più comunemente utilizzato. Si tratta di un progetto multidisciplinare e comprende competenze e esperienze provenienti da diversi ambiti: scienze mediche, psicologiche, sociali, motorie, informatiche e ingegneria. ITIF intende rispondere ai bisogni di una popolazione che sta invecchiando, riducendo perdita di autonomia, tassi di ospedalizzazione e istituzionalizzazione e intende agire positivamente sulla qualità della vita dei nostri anziani».
Come ti sei avvicinata a questi studi?
«Sono dottoranda presso la Scuola di Dottorato in Scienze Umane e Sociali, indirizzo Scienze Psicologiche, Antropologiche e dell’Educazione e provengo dalle Scienze Motorie, avendo conseguito nel 2009 la Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche delle Attività Fisiche Adattate. Dal 2010 ho intrapreso un percorso di formazione alla ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, occupandomi di interventi in ambito motorio, psicologico e cognitivo per promuovere la salute e prevenire l’insorgenza delle malattie non comunicabili nelle persone anziane. Ed è proprio nel mio percorso di dottorato che ho avuto modo di approfondire il concetto di frailty negli anziani, e da qui è nata l’idea progettuale».
Quali sono gli altri membri dello staff che hanno ideato il progetto?
«Gli altri “compagni di avventura” sono Mattia Roppolo ed Elena Gianaria, entrambi dottorandi presso l’Università di Torino. Mattia è al terzo anno di Dottorato in Scienze Umane e Sociali, indirizzo Scienze Psicologiche, Antropologiche e dell’Educazione, ha un percorso di formazione nell’ambito delle Scienze Motorie, dal 2010 collabora con il Dipartimento di Psicologia e con l’Università olandese di Groningen nello studio della qualità di vita nella popolazione anziana. Elena invece è al secondo anno di Dottorato in Scienze della Natura e Tecnologie Innovative, indirizzo Informatica. Ha conseguito la laurea magistrale in Realtà Virtuale e Multimedialità nel 2010 e ha sviluppato competenze nel campo della computer graphics, computer vision e della realtà virtuale. Attualmente, per il suo progetto di dottorato, sta sperimentando alcuni sistemi per la cattura del movimento degli arti superiori, finalizzati a studiare le caratteristiche che devono essere soddisfatte da un sistema atto alla riabilitazione di soggetti con patologie nonché predisposto per in un contesto di analisi forense utile all’identificazione della camminata».
Cosa pensate di questo progetto? Avevate mai sentito parlare di “Frailty”?
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