Caro direttore,
almeno in una cosa la sinistra non cambia mai: le discussioni al proprio interno sono trasparenti e non conoscono stagioni di tregua.
Ora va in scena quella sul rapporto con Berlusconi (che novità!) che qualcuno scopre (oggi?) essere il vero interprete della destra italiana. Da qui la richiesta di farci il governo insieme, visto che i suoi voti, in democrazia, valgono come i nostri e i suoi elettori non sono meno degni degli altri.
Richiesta contestata da chi vorrebbe rispettare un po’ anche i nostri elettori, che ci hanno votato per chiudere la stagione di Berlusconi (e del disastro della politica) e guarda pure a quei voti persi dalla sinistra non certo da parte di chi voleva andare con il cavaliere.
Come si esce da questa discussione?
Sgombriamo il campo dall’equivoco del ‘complesso di superiorità’ o del ‘rancore’ che qualcuno mette di mezzo, scambiando la politica con la psicologia.
Nessun rancore e nessun complesso di superiorità, come spiega molto bene il mio amico Aldo che vorrei citare per la chiarezza esemplare:
“Il centro-sinistra ha un mare di colpe, antiche e recenti (es: Lusi, Penati, Mussari), e – da persona a persona –non ritengo che ogni elettore del centrosinistra possa giudicarsi moralmente migliore di tanti cittadini che votano per il centro-destra.
Però mi sembra – proprio perché ha riconfermato (senza possibilità di alternative, tipo le primarie) come suo indiscusso e indiscutibile “capo” Silvio Berlusconi - che questa destra si identifichi più che mai con Berlusconi stesso e con la sua storia come unico “programma” politico: dalla nipote di Mubarack a risalire fino allo stalliere Mangano, passando le leggi ad personam e la campagna acquisti dei parlamentari (…) Il capo della destra non è qualcuno che ha rubacchiato approfittando del potere e/o per alimentare il proprio potere: egli è la concezione del denaro come fulcro delle relazioni umane, della corruzione come strumento del dominio e dei mezzi di comunicazione come fucina del consenso.” (cit.)
Capisco che queste osservazioni riguardano ancora e soltanto la sfera della politica. Vediamo allora di scendere una volta tanto sul terreno dei programmi, delle cose da fare. Vediamo i famosi 8 punti (quelli seri, di Bersani, non quelli della prossima campagna elettorale del cavaliere).
1 – Serve più Europa, un’Europa del lavoro: siamo sicuri che Berlusconi Lega la vedono come il PD e i socialisti europei?
2- Misure urgenti sul lavoro: il PDL voterebbe la revisione Fornero? Voterebbe per gli esodati, per la tracciabilità fiscale e per il blocco dei condoni? Non credo proprio.
3- Economia verde: forse qui qualcosa insieme si può fare.
4- Democrazia e moralità - il PDL voterebbe una legge sui partiti che non possono avere un padrone?
5- Voltare pagina sulla giustizia: si va tutti a manifestare contro le toghe rosse?
6- Legge sui conflitti di interesse, incandidabilità, ineleggibilità … no comment!
7- Istruzione e ricerca: serve un’ inversione ad U rispetto alla linea Gelmini-Tremonti che ha portato l’Italia all’ultimo posto nella spesa per scuola e ricerca: il PDL ci starebbe?
8 - Prime norme sui diritti di immigrati e gay: qui il PDL e Lega non ci starebbero proprio.
Questa la mia lettura dei rapporti e delle differenze tra PD e PdL non dal punto di vista psicologico o antropologico, ma programmatico.
Ma se le distanze sono queste allora di che parlano quelli che vogliono un governo con Berlusconi?
Saluti cordiali