Molti privilegi dei “politici” e dei loro amici restano intatti. Il meccanismo psicologico dell’attuale consenso e il nodo delle frequenze tv.
Le decisioni del governo Monti, oltre a non essere eque, non toccano, speriamo solo per ora, l’evasione fiscale e i costi della politica. Questi ultimi non sono solo costituiti dai privilegi dei parlamentari. Lo spreco sta anche nel costo degli organi costituzionali.
Solo nell’ultimo quinquennio le spese correnti di Montecitorio sono cresciute di 149 milioni di euro e quelle di palazzo Madama di 195. Il finanziamento pubblico ai partiti, abolito da un referendum, è stato reintrodotto, beffando la volontà popolare, sotto l’ipocrita voce di rimborso elettorale, elargito peraltro senza alcun riscontro di spesa.
In un decennio i rimborsi si sono quasi triplicati, da 105 a 285 milioni. E contestualmente si sono moltiplicati sedi, uffici e impiegati. Per restare solo alla Presidenza del consiglio, questa si è dilatata bulimicamente fino a occupare 20 sedi, mentre l’apparato è arrivato alla dimensione di una cittadina, 4.600 persone, assunte come sappiamo. Il triplo del Regno Unito.
La recente revisione dei vitalizi dei parlamentari tanto sbandierata non è equa se sono sufficienti 5/10 anni e 60/65 di età, mentre per i comuni mortali si deve progressivamente arrivare a settant’anni e oltre. E non è finita. I parlamentari possono acquisire ulteriori pensioni per le attività professionali di provenienza, versando solo il 9% dei contributi, mentre il restante 24% rimane a carico dell’ente di previdenza, in genere dello Stato.
Se i consigli regionali della Lombardia e dell’Emilia-Romagna funzionano con un costo di 8 euro a cittadino, altri arrivano a un costo pro capite 50 volte superiore. Applicando gli standard di quei consigli regionali si risparmierebbero annualmente oltre 600 milioni. Persino i gettoni di presenza dei consiglieri comunali sono ad libitum degli stessi e, pertanto, diversissimi. Se nella virtuosa Padova sono di 45,90 euro, nella vicina Verona sono quasi il quadruplo, 160. Un consigliere comunale di Palermo ha confessato di arrivare a guadagnare fra gettoni e rimborsi 10.000 euro al mese. Il parco auto blu di stato è sterminato. Occorrerebbe una bella sforbiciata, mettendone in vendita buona parte. Sui voli di stato abbiamo visto di tutto, dai nani e ballerine dei tempi di Craxi alle escort, ai menestrelli, agli affaristi. Per tali voli a carico delle nostre tasche dovrebbe vigere finalmente la trasparenza, come in Inghilterra, rendendo pubblici i nomi dei passeggeri e il motivo del viaggio.
Mentre si deindicizzano le pensioni di fame da mille euro, le retribuzioni dei dirigenti pubblici, una volta con un tetto di 289 mila euro, sono diventate oggi scandalosamente faraoniche, tanto che ha stupito come un dirigente persino inquisito possa andarsene in pensione con una buonuscita di 5 milioni.
Appare difficile spiegarsi come molti, che solo fino a ieri credevano e si entusiasmavano alle fanfaronate di Berlusconi sulla tenuta dei conti, sulla crisi che non c’era, su Francia e Germania che stavano peggio di noi, siano ora dalla parte di Monti che, pur non promettendo sogni ma lacrime e sangue, gode di un consenso trasversale. Fa piacere, ma darà da fare agli studiosi di psicologia delle masse. Per chi ha gioito per la straordinaria svolta, rimane il vago sospetto che Monti possa essere sotto qualche inespresso ricatto del cavaliere. Alcune misure blande, del tutto inadeguate, lo farebbero pensare. Come la tracciabilità da mille euro, una rete a maglie troppo larghe, e la mancata patrimoniale richiesta dalla stessa Confindustria.
La cartina di tornasole sarà la vendita delle frequenze Tv. Sono un bene reale che appartiene allo Stato e, quindi, al popolo italiano. Valgono miliardi. Se saranno svendute a Mediaset mentre vengono deindicizzate le pensioni da mille euro, ci sarà da gridare allo scandalo. Speriamo, per il Paese, che non dovremo tornare a dire che anche questo re è nudo.
Ezio Pelino