Come prototipo dell’emarginata sociale alla quale capitano - diabolicamente - in sorte i superpoteri Chloë Grace Moretz è forse un po’ troppo carina. Julianne Moore, dimessa e gotica, è invece perfetta (e quando mai non lo è) per interpretare sua madre, cristiana bigotta troppo fervente che la tiene segregata in casa, finché può. Intorno a queste due donne, Kimberly Peirce orchestra Lo sguardo di Satana – Carrie: un remake (il secondo, ma del primo meglio non serbare ricordi) del film di Brian De Palma del ’76, tratto da uno dei libri cult di Stephen King.
Se questo nuovo film funziona nel costruire il climax che porta dalla sequenza di umiliazioni e atti di bullismo contro la giovane e indifesa Carrie fino all’esplosione finale della sua rabbia, la regista sceglie di mischiare al genere horror elementi da romanzo di formazione 2.0. Video girati con i telefonini e postati sui social network da una schiera di compagne di classe in shorts e smartphone alla mano amplificano il senso del dramma che culmina nel (tradizionale ma non ancora demodé) ballo di fine anno, a cui la “sfigata” Carrie viene infine invitata dal più carino della scuola.
Non si registrano particolari innovazioni rispetto alla materia originale, ripresa con rispetto, e forse è meglio così, e le scene più sanguinolente sono più belle che splatter. Tutto a favore di una buona dose di introspezione psicologica: se la regista ha alle spalle Boys don’t cry, il film con cui Hilary Swank ha vinto il suo primo Oscar, la giovane Chloë Grace Moretz, 16 anni ed ex baby modella, è tra le nuove promesse del cinema (Diario di una schiappa, Kick Ass 2 e Hugo Cabret ma anche Zombies – La vendetta degli innocenti, The Eye e Amitiville Horror).
Certo Sissy Spacek era un’altra cosa: quando girò il film aveva 26 anni e passò alla storia (anche) per la scena nuda nella doccia. Qui, a dispetto degli anni trascorsi, più casta e “mentale”.
Erika Riggi© RIPRODUZIONE RISERVATA