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Melania Mazzucco
‘Limbo’, Einaudi
480 pagine, 20 euro
di Paolo Petroni
Un nuovo romanzo di Melania Mazzucco, assai fine e meticoloso nella felice, intensa ricostruzione della psicologia, della personalità, della vita di Manuela Paris, di cui restituisce il faticoso flusso evolutivo, attraverso un quotidiano indagato quasi giorno dopo giorno. Si va da un’infanzia difficile, in una famiglia e in un posto che sembra non avere alcun futuro da offrirle, sino alla scelta di intraprendere la carriera militare, diventare un maggiore degli alpini e partire in missione in Afghanistan, restare vittima di un attentato in cui muoiono tre suoi commilitoni e amici e che le lascia gravi segni psicologici e fisici, e tornare in convalescenza a casa, tra i giorni che precedono Natale e metà gennaio di un anno che sentiamo tanto vicino a noi che potrebbe essere anche quello presente. Vive così in una sorta di limbo, come si intitola il libro, che è la sua situazione, in attesa di sapere quanto recupererà e quale sarà il suo destino militare, come anestetizzata nei sentimenti, ed è un luogo, il suo piccolo paese, Ladispoli, località di mare vicina a Roma quasi deserta d’inverno, che sembra un posto senza speranza.
Lì, costretta a usare due stampelle, abita con la nipotina Alessia, figlia di sua sorella Vanessa, cui è molto legata e che la chiama «amò», procace e pronta, per sentirsi viva, a buttarsi in qualsiasi avventura sbagliata le capiti a tiro, e la mamma Cinzia Colella, barista in un autogrill dell'autostrada. In un’altra casa ci sono il padre Tiberio ex operaio, un fratellastro, Traian, nella cui solitudine e nelle cui ossessioni rivede la propria gioventù, e sua madre romena Teodora. Più lontani, ma sempre presenti, l’esercito, i suoi superiori, i suoi soldati. Manuela e tutti gli altri personaggi prendono vita grazie ai particolari che di ognuno riesce a raccontarci la Mazzucco con la sua lingua fluente e coinvolgente, proprio nell'avvicinarci attraverso mille particolari ai sentimenti anche delle figure minori, al loro essere. E in quel limbo, proprio grazie a questa sensazione di sospensione esistenziale, nasce la disponibilità a un incontro e poi all’amore tra Manuela e un signore, Mattia, che passa le feste quale unico ospite di un albergo adiacente a casa sua. Due vite sospese, due solitudini che è come avessero bisogno di cogliere l’attimo, di perdersi un po’ per non pensare. E quale sarà il loro futuro, se avranno un futuro omeno, la scrittrice non dice, lasciando aperta ogni possibilità. Il racconto procede per capitoli alternati, quelli intitolati «Live » ambientati al presente a Ladispoli, e quelli intitolati «Homework » (compiti a casa, riflessioni che l’ha invitata a scrivere lo psicologo dell’esercito) in cui Manuela parla della sua giovinezza, pronta come un maschiaccio a cogliere ogni sfida autodistruttiva e provocatoria, della sua decisione di fare il militare, di test ed esami, ma soprattutto della disciplina, che dà una regola alla vita, e in particolare dell’Afghanistan. Qui, attraverso le riflessioni di Manuela («da lì niente è tornato indietro intero») e dei suoi commilitoni scopriamo che «se non muori di freddo muori di caldo, la gente ti sorride e ringrazia, e intanto fabbrica un ordigno per ammazzarti e non ti puoi fidare di nessuno», che ci si scopre quasi inermi al centro di una vera guerra dove, come ovunque, si inaugura una scuola non finita per far contente le autorità, e magari ci si muore per un attacco kamikaze. La forza di questo romanzo è proprio nel suo sembrar non prendere posizione, nel non dire mai nulla direttamente, esplicitamente, eppure riuscire a dire tutto attraverso l’accumulo di dati, fatti, parole, sentimenti, nel gioco dei rapporti di ognuno con tutti gli altri e con quel che accade (talvolta persino con un eccesso documentaristico), nel contrasto tra forza delle armi, paura, disumanizzazione, e l’umanità di una tenerezza che pare riuscire a sciogliere ogni chiusura in se stessi. E quale sia il limbo di Mattia, cosa nasconda il suo passato, lo scopriremo nell’ultima parte del libro, intitolata «Rewind». Il racconto di un limbo, quello di tutti, che non sentiamo così distante, in questi tempi di crisi, di valori sospesi, di incertezze, e che è assieme un canto alla resistenza e forza della vita, all’elaborazione dei lutti, tra grandi dolori e momenti di speranza, grazie alla capacità di sorprenderci dell’amore.