“Come pensate che sia fatto un mafioso? Ve lo dico io, con arroganza: non lo sapete”. Girolamo Lo Verso è professore di Psicologia clinica all’Università di Palermo. È stato amico personale e collaboratore di Giovanni Falcone, ne apprezza il «metodo» che ha consentito per la prima volta di parlare agli ex mafiosi, i pentiti, con rispetto e mettendosi al loro livello, «pur senza collusione». È tra i primi ad aver cercato di tracciare un profilo psicologico degli «uomini d’onore» affiliati a Cosa nostra e alla ‘ndrangheta. Ne ha parlato ieri al convegno «Psicologia dei fenomeni mafiosi al Sud e al Nord» organizzato all’Università della Valle d’Aosta da Maurizio Gasseau, docente di Dinamiche di gruppo all’ateneo valdostano.
Lo Verso è partito dal Casinò di Saint-Vincent. «Nei primi Anni 90 un gruppo di giovani mafiosi veniva a Saint-Vincent - ha spiegato -. Un’agenzia palermitana organizzava i loro viaggi con regolarità. Erano i Graviano di Brancaccio, un noto quartiere povero di Palermo. Di solito i casinò, ai clienti di prima scelta, che hanno tanti soldi, offrono la limousine, l’aereo, cene meravigliose e ragazze cecoslovacche con sei o sette metri di gambe. I giovani mafiosi, che arrivavano da una tradizione di privazione sessuale e di tutto il resto, ignoravano ogni divertimento. Non venivano al Nord per giocare. Riciclavano denaro, macchine. Da veri lavoratori, in modo quasi scientifico».
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