Società spietata.
Spietata quando la giustizia non garantisce la vita dei colpevoli, o presunti tali, come fu per Stefano Cucchi. Spietata quando la foto di un carabiniere, presunto picchiatore di presunti colpevoli, viene immessa da Ilaria Cucchi nel lurido circuito della gogna mediatica attraverso i social, dove schiere di giustizieri postano commenti ancora più spietati. Società spietata pronta a cercare il colpevole, qualcuno da spiaccicare al pubblico ludibrio in cambio di quattro soldi, come nei troppi presunti casi di malasanità: nascono più di mezzo milione di bambini all’anno, il sistema sanitario italiano è ritenuto il migliore al mondo per la bassissima nati-mortalità, ma basta un incidente per trasformare i camici bianchi in efferati carnefici. E c’è sempre un giornalista pronto a raccogliere il grido disumano di vendetta di qualche parente altrettanto pronto a consegnare il legittimo dolore al potere deformante e caricaturale dei media.
Società spietata,
quando bulli e cyberbulli mietono piccole vittime, bambini e ragazzi colpevoli di essere ciccioni, omosessuali, bizzarri, diversi oppure ingenui. Società spietata perché permette violazioni crudeli della propria intimità casalinga, dove la rapina di cose si associa a brutali rapine dell’anima, a torture, violenze e perfino cruenti omicidi, specialmente su anziani indifesi. Società spietata quando a cuor leggero si strumentalizza politicamente il giustiziere fai da te che, viceversa, spara al ladro e lo uccide. Società spietata quando rapinatori con il colletto bianco e la cravatta depredano risparmiatori forse incauti, ma sicuramente ingenui o corrompono tutto e tutti sbeffeggiando il bene comune.
Società spietata,
e perciò bisognosa di perdono. La psicologia infatti sta riscoprendo il perdono come processo di adattamento efficace alle offese, migliore della vendetta. Studi recenti dimostrano che il perdono determina nella vittima maggior benessere sia fisico che psicologico, ha effetti positivi sugli aggressori, migliora le relazioni sociali perché gli effetti prosociali del perdono superano la diade vittima-offensore estendendosi anche alle altre relazioni. Altri studi chiariscono che la propensione al perdono, anche se è favorita da alcune caratteristiche intrinseche delle personalità coinvolte, può essere migliorata da interventi educativi, culturali e sociali. Insomma possiamo costruire una società misericordiosa e questo non perché siamo bigotti baciapile, ma perché è più adattativa, più efficace, migliore di una società spietata, come è dimostrato dal gran numero di studi scientifici sul perdono, studi che caratterizzano gli ultimi 20 anni di ricerca in psicologia.
E’ in questo scenario che irrompe il Giubileo della misericordia.
Papa Francesco offre all’umanità e anche alla nostra società italiana una opportunità, quella di rimettere al centro delle relazioni fra gli uomini la misericordia e il perdono come processi capaci di generare novità: nel perdono la colpa non è distrutta nei suoi effetti (non si può negare ciò che è avvenuto), non è condonata o non punita legalmente o nascosta, ma è trasfigurata per mezzo di un dono perfetto, che libera vittime e offensori e rigenera relazioni. Si, Papa Francesco dovrà affrontare in questa sfida un rischio: quello che il Giubileo della misericordia possa essere trasformato in un intimistico evento religioso, ricco di ipocriti e rassicuranti riti frequentati da persone con il collo storto, depredandolo della potenza rigeneratrice e della novità rivoluzionaria del perdono fra le persone e i popoli. Ora tocca a noi.