Kohut è considerato il caposcuola della “Psicologia del SE’”. La sue è una delle più recenti scuole psicoanalitiche sviluppatasi negli anni ’70. Ha sviluppato i suoi studi sul “narcisismo”, tematica su cui già Freud, negli anni compresi tra il 1914 ed 1922, aveva posto l’ attenzione. Il pensiero di Kohut è stato influenzato dallo psicoanalista inglese Fairbain.
Lo stesso Kohut ha posto all’ attenzione degli analisti nuovi fenomeni come quello del “transfert narcisistico”, della “dimensione deli’ esperienza vissuta”, sviluppando in merito a ciò un approccio terapeutico. Quest’ ultimo trova sua ottimale espressione nei punti indicati come “frustrazione ottimale “ ed “interiorizzazione transmutante”. Egli ha più di ogni altro analista sottolineato l’ importanza di una interpretazione empatica del mondo interno al paziente.
Kohut parte dal cercare di trovare una certa plausibile causa degli inspiegabili fallimenti nell’ analisi di una certa classe di pazienti. Casi da lui stesso constatati. Arriva, dunque, a postulare l’ esistenza di due forme di “transfert” molto differenti dai consueti “transfert nevrotici”. Nei primi, infatti, il paziente non si limita a trasferire impulsi e conflitti infantili sulla persona dell’ analista come oggetto differenziato, ma questi assuma la funzione di supporto esterno a carenze strutturali interne.
Partendo dalla considerazione che il sé abbia una struttura ipotizzata “bi” o “tri” polare, in analisi si possono sviluppare due tipi di “transfert”.
- Transfert idealizzante, che porta il paziente ad ammirare in modo dipendente l’ analista
- Transfert speculare, che induce nel paziente un senso di onnipotenza e sopravalutazione.
Tali illusioni narcisistiche non rappresentano secondo Kohut “forme di difesa”, quanto piuttosto il tentativo spontaneo del paziente di ricreare opportunità evolutive fondamentali, una relazione (tra psicoterapeuta ed assistito) di oggetto-Sé che nell’ infanzia non era possibile.
Secondo Kohut, il modo più opportuno per trattare il transfert narcisistico non consiste nella interpretazione, che il più delle volte è indice di una messa in atto del controtransfert e ciò sarebbe unicamente controproducente; il paziente vive in tal modo, il rapporto con lo psicoterapeuta come una aggressione, con conseguente generazione di rabbia narcisistica oppure potrebbe determinarsi un crollo dell’ autostima ed un senso di vuoto e futilità demoralizzante. Di contro, le illusioni narcisistiche diminuiranno spontaneamente col tempo nel corso del trattamento, per cui, prima di allora, l’ analista dovrà (a seconda dei casi) o rispecchiare adeguatamente la grandiosità del paziente, od accettare l’ ammirazione che questi nutre nei suoi confronti.
Kohut, dunque, in analogia con il movimento degli psicologi Indipendentisti, considera di per sé terapeutica l’ empatia non-verbale e la sintonizzazione tra psicoterapeuta e paziente, sottostimando il valore delle interpretazioni.
Kohut enfatizza l’ utilità, ai fini di una vera comprensione psicologica, di immergersi nell’ esperienza soggettiva del paziente, di ascoltare ponendosi dal suo punto di vista (“introspezione vicariante”) e di usare concetti teorici che siano il più possibile vicini con l’ esperienza.
Una psicoterapia, dunque, basata sulla concreta risoluzione dei nuclei involuti all’ interno del paziente, piuttosto che un’ analisi per molti versi, a mio giudizio, astratta.
Dott. Francesco Casciaro
Psicoterapeuta
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