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Lunedi 24 novembre 2014
«Abbiamo ucciso i morti, e adesso ci aggiriamo in una vita che è poco più di un pregiudizio, lontani dalla pienezza dell’esistenza. Ecco il sintomo collettivo, la malattia di cui soffre la nostra cultura, e che le psicoterapie tentano invano di sanare….». Così recita l’aletta di Il lamento dei morti di James Hillman e Sonu Shamdasani (Bollati Boringhieri, traduzione Francesca Pe', 201 pp., 23 Eur). La psicologia dopo il Libro Rosso di Jung.
Non sarebbe necessario, ma vi rinfresco lo stesso la memoria su Carl Gustav Jung, pastore protestante, teologo, psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero. La sua famosissima tecnica e teoria, di derivazione psicoanalitica, è la “psicologia analitica” o “psicologia del profondo”, o anche “psicologia complessa”.
Jung fu per anni allievo e seguace di Freud, ma si staccò dal maestro nel 1912 e riunì attorno a sé un proprio gruppo che approfittò anche dell’importante sostegno economico del miliardario americano Rockefeller. La moglie Edith era una sua seguace.
Chiamato il “professore” dai suoi allievi, poliedrico, fu un uomo dai mille interessi, compresa la ricerca sul paranormale, intrapresa già in gioventù, analizzando sua cugina che era una medium. Condusse, anche di persona, analisi ed esperimenti parapsicologici. Era convinto di essere un sensitivo, di aver avuto premonizioni e una, nel 1913 che annunciava la rovina dell'Europa (la prima guerra mondiale).
Jung sosteneva che i fenomeni paranormali fossero segnali dell'inconscio collettivo, come i sogni sono spie dell'inconscio individuale. Cominciò un lavoro analitico su sé stesso, a base di tutta la sua opera. Trascrisse i sogni, le fantasie, arricchiti di disegni anche per quello che doveva diventare il Libro Rosso: non lo pubblicò mai; gli eredi autorizzarono la visione dell'opera solo nel 2001 e la pubblicazione del saggio, di chiara impostazione profetica, solo nel 2009.
A partire dal Libro Rosso, in cui il “professore” racconta la discesa nei propri inferi, Hillman e Shamdasani dialogano sul significato dell'impresa junghiana che ha scosso ogni costruzione concettuale eretta sul territorio della psiche.
Sarebbe la spia che ci rivela la malattia di cui è afflitta la nostra cultura, e che le psicoterapie tentano invano di sanare: il Libro rosso, di cui si favoleggiava da sempre nelle cerchie junghiane, aveva visto finalmente la luce e la sua singolarità ancora da decifrare scuoteva non solo l’edificio della psicologia analitica, ma anche ogni altra costruzione teorica sulla psiche. Stando al Libro Rosso, nulla potrà essere come prima. La gerarchia dei vivi e dei morti ne esce capovolta, perché nel più profondo di sé Jung vi incontra le figure ancestrali della storia umana.
Convinzione condivisa da James Hillman, lo junghiano “eretico” più famoso al mondo (morto nel 2011), e Sonu Shamdasani, cofondatore ed editor generale della Philemon Foundation, che ha lo scopo primario di promuovere una nuova edizione storico-critica delle opere di Jung, anche dopo il Libro rosso (uscito con grande successo anche in traduzione italiana presso Bollati Boringhieri).
Questo libro è la trascrizione di tutta una serie di conversazioni tra loro dal 2009 al 2011 (approvata anche da Hillman prima della sua scomparsa) sul Libro rosso, con impressioni e riflessioni, Insomma un lungo e ponderato dialogo a caldo sul significato di un’impresa, vista in quadro metaforico, poetico e drammatico.
La gerarchia dei vivi e dei morti ne esce capovolta, perché dentro di sé Jung non scopre i traumi personali ma le ancestrali forme della storia umana, i morti che si lamentano di restare inascoltati. Soltanto se offriremo loro la nostra attenzione, riportandoli tra noi, riusciremo a curare la nostra sofferenza di vivi, senza sacrificare l’incompatibilità del passato a un pallido futuro. È questo, ribadiscono insieme Hillman e Shamdasani, la vera eredità di Jung: un moderno “libro dei morti” senza istruzioni per l’aldilà, ma solo un costruttivo conforto terreno.
Due parole sugli autori. James Hillman (1926-2011), junghiano di formazione, fondatore della psicologia archetipica, diresse per un decennio (1959-69) il C. G. Jung-Institut di Zurigo, dal 1970 fu a capo della casa editrice Spring e insegnò in parecchie Università americane, Yale, Harvard, Syracuse, Princeton e Dallas. Il suo pensiero esercitò una vasta influenza anche al di là delle discipline della psiche. Tra i suoi numerosi saggi in traduzione italiana: Il mito dell’analisi (1979), Re-visione della psicologia (1983), Il sogno e il mondo infero (1984), Le storie che curano. Freud, Jung, Adler (1984), Trame perdute (1985), La cucina del dottor Freud (con Charles Boer, 1986), Anima. Anatomia di una nozione personificata (1989), La vana fuga dagli dei (1991), Forme del potere (1996), Il codice dell’anima. Carattere, vocazione, destino (1997), L’anima del mondo e il pensiero del cuore (2002), Un terribile amore per la guerra (2005) e Psicologia alchemica (2013).
Sonu Shamdasani (1962) insegna al Centre for the History of Psychological Disciplines dello University College di Londra. È cofondatore ed editor generale della Philemon Foundation, costituita allo scopo di promuovere una nuova edizione storico-critica delle opere di Jung, comprensiva anche di tutti i testi finora inediti. Tra i suoi saggi in traduzione italiana: Fatti e artefatti. Su G. Jung, sul Club psicologico e su un culto che non è mai esistito (2004), Jung e la creazione della psicologia moderna. Il sogno di una scienza (2007) e Jung messo a nudo dai suoi biografi (2008). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Dossier Freud. L’invenzione della leggenda psicoanalitica (con Mikkel Borch-Jacobsen, 2012), e sono uscite, a sua cura, due opere di Jung: il seminario: La psicologia del Kundalini-yoga (2004) e Il Libro rosso (2010; edizione studio, 2012).
Patrizia Debicke van der Noot<!--
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