Il giorno dopo la diffusione del rapporto Aci-Istat sugli incidenti stradali del 2014 in Italia (qui i dettagli), la Polizia di Stato presenta “Progetto Chirone”, una strategia che punta a un attento e consapevole approccio alle vittime dei sinistri sulle strade e sui binari. Realizzato dalla Polizia di Stato, con la supervisione scientifica della Facoltà di medicina e psicologia della Sapienza Università di Roma, il progetto è stato presentato presso la Scuola superiore di Polizia a Roma. Il manuale stabilisce delle linee guida per aiutare i poliziotti e le vittime ad affrontare emotivamente la tragica notizia della morte improvvisa di un familiare per incidente o per suicidio.
Capita infatti che, inevitabilmente, certi eventi influenzino la vita professionale e privata dell’operatore di polizia che, spesso, è esposto al dolore delle vittime. Un carico di emozioni e di fatica psicologica che non può essere sottovalutato e al quale è necessario prestare attenzione ed ascolto. È indispensabile che il poliziotto sia formato per avere un giusto approccio con la vittima in modo da consentire una comunicazione più facile tra operatore di polizia e parenti della vittima: “L’imbarazzo del poliziotto davanti agli incidenti stradali è totale - ha illustrato Elisabetta Mancini, dirigente della polizia ferroviaria -. E’ facile pensare che con tutto il suo lavoro di prevenzione non è riuscito a impedire la morte della persona che ha davanti. Ma la morte avvenuta ormai è un dato di fatto e il compito affidato al poliziotto ora deve essere quello di traghettare la vittima attraverso questo percorso di dolore”.
Attraverso le esperienze drammatiche, vissute da poliziotti e vittime, si tenta di costruire una solidarietà più autentica e consapevole. Per fornire un sostegno psicologico nella gestione di situazioni drammatiche era inevitabile che al progetto lavorassero psicologi ed esperti medici. Con il Progetto Chirone (che nella mitologia greca era il centauro più saggio e compassionevole, medico ed educatore, sempre pronto a soccorrere il prossimo anche a rischio della propria vita) si evolve anche il ruolo del poliziotto che non è più solo colui che deve pensare solo al colpevole e al reato ma fornisce il primo importantissimo supporto alla vittima, solitamente gestita da assistenti sociali e psicologi. Essendo anche la prima persona che la vittima incontra, la qualità dell’intervento dell’agente diventa fondamentale anche per evitare la vittimizzazione secondaria (da non confondersi con multi-vittimizzazione), cioè l’esposizione a esperienze che amplificano le conseguenze tragiche dell’evento.
Gli psicologi sostengono che l’agente deve “guadagnarne la fiducia e la collaborazione della vittima, fondamentali nella ricostruzione dell’evento, e per contenere il senso d’insicurezza provocato dalle morti violente in tutta la comunità coinvolta”. Secondo gli esperti il progetto aiuterà anche gli agenti a conoscere “il ventaglio di emozioni che il contatto improvviso con la morte provoca nel sopravvissuto all’incidente o nel familiare della persona deceduta: paura, pianto, stordimento fino allo shock e al congelamento delle emozioni, perdita di controllo, rabbia, aggressività, senso di colpa, vergogna, negazione. E il poliziotto deve saper proteggere, ascoltare, informare, sempre conscio che il suo comportamento è decisivo per aiutare la vittima a riprendere il controllo e, successivamente, ad elaborare il lutto”. Un modo utile e importante per cercare di ridare dignità e cultura a un lavoro svolto spesso in silenzio e tra molti rischi ma soprattutto poco apprezzato dalla società.
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