Che leggere fa bene e che si legge troppo poco lo sentiamo dire continuamente. Ma che i benefici della lettura siano così concreti e misurabili non è così scontato. Diverse ricerche di psicologia e di neuroscienze si sono concentrate ultimamente sul potere dei libri e sui loro effetti: tra le più recenti, quella realizzata dalla New School for Social Research di New York e firmata da David Comer Kidd ed Emanuele Castano.
Sulla base di cinque distinti esperimenti, i ricercatori hanno concluso che la lettura di opere di narrativa migliora la cosiddetta Teoria della Mente, ovvero la capacità di comprende come e che cosa le persone sentono, vogliono e pensano e hanno quindi un'influenza importante sulle relazioni sociali complesse. La relazione tra romanzi ed empatia non è una novità ed è stata esaminata dal punto di vista psicologico da diversi anni (per esempio nel libro del 2007 di Suzanne Keen's Empathy and the novel o in quello di Lisa Zunshine's del 2006 Why we read fiction: Theory of mind and the novel). Certo è che passare da una semplice considerazione intuitiva a una conclusione che abbia valore scientifico non è una strada semplice.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science e ha ottenuto una larga eco. In sostanza, nei 5 esperimenti, gli autori hanno valutato gli effetti di alcune letture (catalogate in narrativa letteraria, narrativa di genere e non fiction) su un gruppo di volontari, misurando la teoria della mente dei soggetti dopo le diverse letture. I ricercatori hanno concluso che chi aveva letto testi di narrativa letteraria, considerati quelli con maggiore valore artistico, mostrava punteggi migliori rispetto agli altri. Questa correlazione positiva si spiega con la maggiore complessità psicologica dei personaggi della letteratura narrativa, che permetterebbe al lettore di empatizzare e riconoscere il suo mondo interiore. Un processo che, concludono i ricercatori, migliora le capacità empatiche di chi legge e quindi le sue abilità sociali.
Sicuramente la ricerca psicologica ha ancora molta strada da fare per approfondire e spiegare meglio come si svolgono questi processi viste queste prime considerazioni. Certo è che un aiuto può sicuramente arrivare dalle neuroscienze. La rivista Brain Connectivity ha pubblicato uno studio che mostra come la lettura di un romanzo possa migliorare alcune funzioni cerebrali a vari livelli e se questi miglioramenti persistano nel tempo. Con l'utilizzo della risonanza magnetica funzionale, a cui i soggetti sono stati sottoposti per 19 giorni consecutivi, durante i quali hanno letto un romanzo.
Al termine dei test, i ricercatori hanno rilevato un significativo incremento di connessioni nel giro angolare sopramarginale sinistro sinistra e nella regione del giro temporale posteriore destro, aree associate con la comprensione della storia e la scelta di prospettiva. Ma i cambiamenti in queste regioni decadono rapidamente. Quello che è più interessante sono i cambiamenti a lungo termine, che si sono dimostrati resistenti per più giorni dopo la lettura, nella corteccia somatosensioriale, che suggeriscono un potenziale meccanismo di "semantica incarnata", in altre parole con il coinvolgimento di neuroni che hanno a che fare con le sensazioni fisiche e il sistema del movimento. "I cambiamenti neuronali che abbiamo rilevato – spiegano gli autori – suggeriscono che la lettura di un romanzo possa trasportare il lettore nel corpo e nei panni del protagonista", non solo mentre legge ma anche per alcuni giorni successivi. Una capacità, quella di mettersi nei panni di un altro, che senza dubbio riveste un ruolo importante in termini di empatia e quindi di abilità relazionali.
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