I love my selfie: cosa comunica l’autoscatto

C’è una enorme differenza tra i sentimenti che le persone vogliono trasmettere attraverso un proprio autoscatto e ciò che percepisce chi guarda quella foto.

E’ questo ciò che è emerso da “I love my selfie. Autostima e autoscatto nel nuovo millennio”, la ricerca promossa dall’associazione culturale Puntila per capire che cosa si vuole dire al mondo attraverso un proprio selfie e che cosa, invece, l’immagine comunica davvero a chi la osserva.

Da ottobre, sino al 20 novembre, un team di esperti psicologi, sotto la supervisione di Renato Troffa, dottore di ricerca in Psicologia, ricercatore e docente di Psicologia sociale, Psicologia della Comunicazione e Psicologia ambientale, ha raccolto e selezionato oltre 200 selfie provenienti dalla Sardegna e dal mondo. Fotografie arrivate grazie alla campagna che Puntila ha lanciato sui media tradizionali e sui social per invitare chiunque volesse partecipare alla ricerca a inviare un proprio autoscatto.

La squadra coordinata da Renato Troffa ha analizzato e dato un parere su ognuno degli scatti arrivati, divisi nelle tre grandi categorie di questo tipo di foto: quelle che semplicemente ritraggono persone, quelli in cui la persona è utilizzata per mostrare qualcos’altro, quelle in cui la persona è solo la scusa usata per fotografare lo sfondo.

Ciascuna foto è stata valutata in maniera neutra, senza filtri particolari: indipendentemente quindi dalla preparazione in materia di psicologia di chi la osservava. Il risultato ha mostrato la grandissima differenza di vedute tra chi si è fotografato e chi ha guardato la foto. “In generale- spiega Renato Troffa- abbiamo osservato che i sentimenti di chi ha realizzato il selfie sono molto positivi, mentre quelli di chi l’ha guardato sono molto negativi”. In questo, continua Troffa, “si intravede quasi una netta divisione tra persone favorevoli a comunicare tramite i selfie, e altre totalmente contrarie”. Insomma: chi realizza un autoscatto tende a sovrastimare il suo messaggio, chi lo guarda tende, al contrario, a dargli una valutazione completamente opposta.

La tavola rotonda finale del progetto “I love my selfie. Autostima e autoscatto nel nuovo millennio” è stata realizzata dall’associazione Puntila in collaborazione con alcuni professori di psicologia dell’ateneo cagliaritano, e con la Biblioteca universitaria di Cagliari.

Nella serata finale del progetto è stato prezioso anche l’apporto fornito Roberto Murgia, fondatore nel 2011 insieme alla giornalista Maria Columbu, del gruppo Facebook Hipstamatic Sardinia, che conta oltre duemila iscritti ed è diventata una delle principali community mondiali di riferimento per i cultori dell’app fotografica per iPhone Hipstamatic.

Durante la serata sono state presentate anche le “Confessioni di selfiste in cerca di…”, brevi monologhi scritti dall’attrice Elena Pau, e interpretati dalla stessa Pau e dall’attrice Rita Atzeri, che con verve ironica hanno restituito lo spirito di una tendenza che se da un lato può apparire puro narcisismo, dall’altro sembra quasi dire che l’affermazione e la sicurezza del Sé dipendano dai “like” ricevuti. 

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