Ho comprato la Ferrari (auto-psicoanalisi)

Magari fosse vero!

Per me il Cavallino (quello a quattro ruote, s’intende) è un mito. Ancora oggi vado a cercare le interviste del Grande Vecchio, leggo libri sulla sua storia e mi guardo le epiche imprese di Gilles e Lauda. Molte pagine sono state recentemente scritte sulla quotazione della casa di Maranello, prima a New York e poi a Milano, per cui, anche per manifesta ignoranza in materia, non ritornerò sull’argomento. Ma ho comparto azioni Ferrari.

E, da persona affascinata e interessata a come la nostra mente reagisce alle decisioni finanziarie, vorrei raccontare perché l’ho fatto, cosa ho provato, come mi sono comportato e come mi comporto. Partiamo dal perché ho comperato una manciata di azioni.

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Il D-day è stato lunedì 4 gennaio, il giorno dello sbarco a Milano (e il giorno del crollo della borsa cinese che ha trascinato al ribasso mezzo mondo borsistico). Non era mia intenzione acquistare, non ci pensavo, ma su ogni pagina internet la Ferrari era in pole position, neanche Kimi Raikkonen avesse riportato di nuovo il mondiale a Maranello. Perché io l’abbia fatto, non lo so. Un acquisto di impulso, nel pomeriggio, poco prima che la borsa chiudesse. Decido di collegarmi al sito della mia banca, ma il sistema mi blocca perché non ho ancora compilato il questionario Mifid. Rimedio velocemente dichiarandomi Gordon Gekko (per chi non lo avesse ancora visto, suggerisco il film Wall Street, quello “vero” del 1987). Inserisco l’ordine di acquisto e, come dicono i trader, I take the offer. L’eseguito mi arriva nel giro di pochi secondi: ho comprato la Ferrari!

Sono ufficialmente proprietario di una frazione, infinitesimale, di un mito.

L’acquisto, come detto, è avvenuto di impulso, senza pensarci troppo, quasi fosse un gioco (per chi come me è negli anta, ricorderà il gioco da tavolo “Piazza degli affari” dove si simulava l’attività di borsa). Quasi non fosse stato reale il cliccare sul prezzo e comprare le azioni. Il fatto di aver fatto tutto online ha probabilmente alterato la mia percezione della realtà, chissà. Ma l’addebito in conto corrente, quello sì che è reale. Sembrava fosse tutto un videogioco, una realtà virtuale, ma appena arrivato a casa accendo il computer e controllo il prezzo di chiusura del mito. Non lo nascondo, ho verificato il prezzo con una certa apprensione. Visto come è stata la giornata, non mi potevo aspettare che un segno meno sul mio conto titoli: e così è stato. Pace, è capitato. Lo stesso ho fatto il giorno successivo e per i giorni a seguire: mi collegavo al sito della Borsa e controllavo l’andamento del titolo. Segno più, segno meno, guadagno e perdo. E un briciolo di ansia prima che la pagina coi prezzi si aprisse.

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Nel grafico, l’andamento del titolo Ferrari a Piazza Affari dal giorno del debutto, il 4 gennaio, al 13 gennaio 2016 (fonte: Borsa Italiana).

Ho rivisto in questi giorni tutte le dinamiche che ho più volte raccontato.

La decisione irrazionale di acquistare (è decisamente più fico acquistare Ferrari che Acquamarcia), l’ansia nel seguire l’andamento del titolo (dopo tutto ho deciso io e se perdo soldi, non solo ci ho rimesso del denaro, ma mi sono pure giocato la reputazione), il pensiero di acquistare ancora quando il prezzo scende per “mediare il prezzo di acquisto” (dovrò resistere a questa fortissima tentazione), il voler far parte del club degli azionisti Ferrari perché il Cavallino è il Cavallino. Ho notato che, nonostante io sia appassionato e conosca le dinamiche psicologiche legate alle finanza, questo non basta per essere immuni dalla “tentazione dell’errore”.

Sbagliare in modo consapevole.

Però, come ho avuto occasione di dire altrove, la conoscenza di questi temi (e dei nostri limiti), aiuta ad avere la consapevolezza di ciò che si sta facendo e degli “errori” che si sono commessi e che si potrebbero commettere. A volte bisogna essere un po’ pazzi e forse incoscienti. E quando si investe non sempre si è lucidi: come nel mio caso. Vivo questa esperienza come un gioco (naturalmente non per tutti è così), e per “consolarmi” ricordo un’espressione piuttosto diffusa: “giocare in borsa”. Come andrà a finire non ve lo so dire. Ma ho voluto testare su me stesso le teorie della Finanza Comportamentale. E devo dire che è tutto sommato divertente scoprire le reazioni e i pensieri che il mio cervello mi presenta ogni volta che penso al mio cavallino rampante.

Sono anche curioso di vedere se vi sarà una certa correlazione tra il risultato in pista e il corso delle azioni e se il mercato saprà premiare le vittorie e punire le sconfitte rimediate sui circuiti. Il massimo per me sarebbe vedere il mio titolo “sospeso per eccesso di rialzo” perché Kimi ha vinto un gran premio. A proposito, da buon essere umano irrazionale, mi domando: se al posto del finlandese (che come avrete intuito è il mio F1 driver preferito), ci fosse stato un altro pilota, o se ci fosse stato solo Vettel, avrei comprato? Come vedete, anche la dinamica dell’affetto (o della simpatia se preferite), influisce sulle scelte finanziarie. È un bene? È un male? Lascio a voi l’ardua sentenza, io devo scappare: non vorrei perdermi il prossimo rialzo.

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