Insomma, si è persa fiducia nel potere taumaturgico della conoscenza. L’atto del conoscere, del sapere come è fatta una cosa, è considerato meno curativo e meno capace di mutare l’ordine delle cose per sola virtù propria. È un secolo sempre più incredulo: dopo che il suo predecessore, il ‘900, aveva voltato le spalle alle grandi teologie in nome della conoscenza critica, questo nuovo tempo dissacra anche la conoscenza stessa, svalutandola a gioco intellettualistico. Non basta sapere per cambiare. E perché mai un processo dovrebbe mettersi in moto dopo che la mente umana l’abbia conosciuto? Dopo la scuola del sospetto di Marx, Freud e Darwin, è l’ora di sospettare anche di costoro. Per la verità si sospetta più Marx e Freud (e più Marx di Freud), mentre Darwin appare inattaccabile. In fondo quest’ultimo aveva ben poco a che fare con gli altri due, un britannico contro due mitteleuropei. I quali, con tutto il loro illuminismo, avevano cercato di rivelare un’essenza, una metafisica sia pure materialistica del mondo. Quanto do più lontano dl pragmatismo del “basta che funzioni” anglo-americano. Cercavano una spiegazione definitiva che potesse cambiare il mondo una volta che si fosse rivelata alla mente umana. Mente Darwin i limitò a descrivere un modello, sia pure di grande respiro. Darwin descrisse delle funzioni, non cercò delle essenze.