Gli alluvionati si raccontano attraverso una tesi di laurea


Zoom Foto

Promossa la solidarietà e l'auto-aiuto, bocciate le istituzioni per via dei mancati avvisi ed allarmi: sono le conclusioni a cui è approdata Silvia De Masi, studentessa montefortiana che ha scelto di dedicare all'intervento di soccorso durante l'emergenza e all'impatto dell'alluvione sulla popolazione la sua tesi di laurea. De Masi, 27 anni, neo dottoressa in Psicologia, è una delle persone che l'alluvione l'hanno vissuta in prima persona. Per questo, in accordo con Mariselda Tessarolo che è stata sua relatrice, ha scelto di dedicare la tesi magistrale in Psicologia clinico-dinamica al disastro del novembre 2010. «Sei mesi dopo l'evento», spiega la neo dottoressa ora in procinto di iniziare il tirocinio professionale, «mi sono chiesta, a fronte di una ristabilita normalità, quali fossero i danni veri alla popolazione». Ha voluto far parlare proprio gli alluvionati di Monteforte e di Soave attraverso un questionario distribuito, in collaborazione con le due amministrazioni civiche, in occasioni pubbliche ma anche nei due Istituti comprensivi. Alla fine s'è trovata tra le mani 131 risposte: sono quelle di persone che vanno dagli 11 agli 86 anni (40 anni in media), nel 60,3 per cento evacuate da casa propria. Sono loro, gli alluvionati, a raccontare (93,1 per cento dei soggetti) di aver ricevuto aiuto. «Per lo più da volontari civili nel 51,9 per cento dei casi», spiega De Masi, «e poi vicini di casa (44,3 per cento), vigili del fuoco (39,7 per cento) e Protezione civile (36,6 per cento). A seguire esercito, parrocchia e Croce rossa italiana». Nell'emergenza oltre il 90 per cento degli alluvionati si è sentito attivo in prima persona anche nell'aiutare se stesso ed il 92,4 per cento ritiene che la comunità sia stata unita. Promosso anche l'approccio psicologico di chi ha prestato soccorso alla popolazione. «L'evento», spiega De Masi, «è stato generalmente tollerato bene dalla popolazione e la comunità è stata coesa». Il rovescio della medaglia è quel 74 per cento della popolazione che sostiene di non aver ricevuto alcun preavviso e di questi l'89,3 per cento lamenta di non aver ricevuto sufficienti spiegazioni. «Questo grave deficit di comunicazione, ha avuto forti conseguenze in termini di disagio per i cittadini», scrive De Masi. Il lavoro della futura psicologa, oltre a una cronaca differita dell'alluvione 2010, ha anche un valore in più perché offre un agevole vademecum sulla comunicazione del rischio, i possibili ostacoli ma anche gli strumenti per rimuoverli, la pianificazione della macchina dell'emergenza, l'importanza delle relazioni e del comunicare, la gestione del panico o della fase caratterizzata dall'opprimente disagio del non poter fare. E poi c'è tutta la parentesi «interiore», che passa da sintomi fisici legati ai disturbi post traumatici da stress alle reazioni psicologiche: paura, rabbia, senso di colpa, confusione, distacco emozionale, stordimento, sconforto, dolore. Non è un caso se De Masi ha scelto di affrontare questi temi usando passaggi di «Il tempo dell'umiltà», il libro-diario scritto da Orio Grazia, alluvionato di Monteforte. E' questa, del resto, l'area elettiva di indagine della tesi: «I dati che meritano maggiori riflessioni riguardano l'incidenza del livello di stress significativo nel 48,9 per cento della popolazione. I danni più gravi e duraturi», considera De Masi, «sono quelli che non si vedono. L'unica cosa che non si può spazzare via», aggiunge, «è la paura». Una soluzione, o almeno una via percorribile, la indica proprio lei: «Lavorare per aiutare la popolazione a sentirsi più sicura per il futuro, farsi sentire per far sì che i lavori di messa in sicurezza vengano fatti e in modo serio». Sull'ipotesi di sostegno psicologico anche oggi, pensa che «potrebbe essere ancora utile, ma dipende molto dalla risposta della popolazione. Esperienze precedenti sono naufragate». E sul deficit di informazioni, che ancora anima le discussioni e che stando ai questionari boccia più Monteforte che Soave , De Masi sceglie la soluzione costruttiva: «Questo aspetto fa ipotizzare un'impreparazione da parte delle istituzioni di fronte all'evento e rappresenta sicuramente un aspetto su cui lavorare».


Paola Dalli Cani



Leave a Reply