condannato per l’omicidio di Marta Russo, avrebbe dovuto insegnare psicologia in un istituto romano
Clamoroso passo indietro per Giovanni Scattone, l’insegnte condannato insieme a Salvatore Ferraro per l’omicidio di Marta Russo,per il quale ha scontato la propria pena, l’ex assistente universitario annuncia la propria decisione dopo le pesanti polemiche dei giorni scorsi “Se la coscienza mi dice di poter insegnare, la mancanza di serenità mi induce a rinunciare all’incarico”. Nei giorni scorsi gli era infatti stata assegnata una cattedra di Psicologia all’Istituto professionale Einaudi di Roma, ma il provvedimento aveva subito fatto discutere.
“Con grande dolore ed amarezza – continua Scattone, assistito dall’avvocato Giancarlo Viglione – a seguito delle polemiche sollevate per il mio futuro incarico ho deciso di abbandonare il ruolo assegnatomi”. “Il dolore e l’amarezza – aggiunge – risiedono nel constatare che, di fatto, mi si vuole impedire di avere una vita da cittadino normale”.
“La condanna mi consentiva di insegnare” – Scattone ha sempre sempre urlato la sua innocenza, e dice che “è pari al rispetto nei confronti del dolore della famiglia Russo”. “Ho rispettato, pur non condividendola, la sentenza di condanna, la quale mi consentiva, tuttavia, di insegnare. Ed allora sarebbe stato da Paese civile rispettare la sentenza nella sua interezza”.
Il professor Scattone – Scontata la pena di 5 anni e 4 mesi per l’omicidio di Marta Russo, l’uomo ha infatti intrapreso la carriera di docente. Nel 2011, ad esempio, accettò la supplenza nel liceo scientifico Cavour di Roma, sollevando altre polemiche. Lo stesso, brutta coincidenza, che fu frequentato proprio dalla giovane Marta Russo. Anche in quel caso fu costretto ad abbandonare per l atroppa pressione dell’opinione pubblica.
“Privato del diritto al lavoro” – “Così – prosegue il docente – questo Paese mi toglie anche il fondamentale diritto al lavoro”. “Dopo la tragedia che mi ha colpito solo la speranza mi ha dato la forza di andare avanti”. E conclude: Anche oggi vivrò con la speranza che un giorno la parte sana di questo Paese, che pure c’è ed è nei miei tanti ex alunni che in questi giorni mi sono stati vicini e nella gente comune che mi ha manifestato tanta solidarietà, possa divenire maggioranza”.
Mamma Marta Russo: “Scattone lascia? Fatta giustizia” – “Sono soddisfatta, soprattutto per i ragazzi. E’ stata fatta giustizia”. Queste le parole di Aureliana, la mamma di Marta Russo, commentando la decisione di Giovanni Scattone di rinunciare alla cattedra di psicologica all’istituto Einaudi di Roma. “Sono contenta per gli studenti – sottolinea – che non avranno come insegnante una persona così inadatta ad essere educatore”.
L’omicidio della giovane studentessa Marta Russo
L’omicidio di Marta Russo (Roma, 13 aprile 1975 – Roma, 14 maggio 1997), noto anche come delitto della Sapienza, avvenne all’interno della Città universitaria della Sapienza di Roma il 9 maggio 1997, quando la ragazza, studentessa ventiduenne digiurisprudenza, fu ferita in maniera gravissima da un colpo di pistola, morendo cinque giorni dopo in ospedale.
L’omicidio fu al centro di un complesso caso giudiziario, oggetto di grande copertura mediatica alla fine degli anni novanta, sia per il luogo in cui era stato perpetrato, sia per la difficoltà delle prime indagini, che non riuscirono comunque a delineare un movente; è ricordato anche per l’intervento di importanti personalità politiche nel caso, in particolare a causa dell’atteggiamento dei due pubblici ministeri, ritenuto da molti eccessivamente inquisitorio e che diede anche luogo a un procedimento per abuso d’ufficio eviolenza privata, poi archiviato.Dopo varie sentenze, nel 2003 furono condannati in via definitiva, sulla base di due testimonianze molto contestate emerse in primo grado (quelle di una dottoranda, figlia del deputato e docente Nicolò Lipari, e soprattutto di un’impiegata dell’ateneo), e di alcuni rilievi scientifici non univoci, due assistenti universitari di filosofia del diritto: Giovanni Scattone, per omicidio colposo aggravato, e Salvatore Ferraro per favoreggiamento, i quali si sono sempre professati innocenti. Nella prima sentenza si specifica che Scattone avrebbe esploso un colpo per errore, maneggiando una pistola per motivi ignoti, ma senza sapere di avere in mano una pistola carica, e Ferraro lo avrebbe coperto, tacendo e portando via l’arma. Il terzo indagato, Francesco Liparota, all’epoca usciere e laureando, venne assolto dall’accusa di favoreggiamento dalla Cassazione lo stesso anno, tramite annullamento senza rinvio. Altri indagati per favoreggiamento, come il professor Bruno Romano, furono assolti in primo grado.
Benché ufficialmente risolto, il caso Marta Russo ha finito comunque per diventare uno dei misteri della cronaca nera italiana, e specificamente di Roma, accanto a crimini irrisolti come la morte di Giorgiana Masi, il caso Montesi o il delitto di via Poma