Giovanni Scattone, che fu condannato per l’omicidio di Marta Russo, insegnerà a Roma in un istituto professionale, avendo da tempo scontato la sua pena.
La vicenda non è paragonabile a quella di Luigi Chiatti, detto “il mostro di Foligno” che, scontata la pena per l’uccisione di due bambini, sarà ospitato per due anni in una struttura, che poi è una residenza per misure di sicurezza. Con lui altri dieci pazienti.
Di Chiatti si è detto che potrebbe nuocere nuovamente: lo ammise lui stesso durante le fasi di un drammatico processo.
Dunque va “sorvegliato”.
Nella capitale, una delle prof. assunte, ha dichiarato al “Corriere” di essersi sentita defraudata: deve andare a insegnare fuori Roma, il posto spetta per legge a Scattone.
Il docente fu condannato per omicidio colposo: per la collega è dunque inconcepibile che insegni psicologia.
Qualcuno, nei titoli, ironizza forse sulla “buona scuola” di Renzi.
Ma occorre distinguere e sottrarsi alla facile demagogia.
Anche perché i casi di Scattone e Chiatti sono differenti.
La pena tende alla rieducazione del condannato, dunque Giovanni Scattone, piaccia o no, è giusto che insegni, una volta pagato il suo conto con la giustizia.