Femminicidio e violenza di genere: l’omicidio di Elena Ceste

Cosa scatta nel cuore e nella mente delle donne che subiscono violenze ed abusi psicologici e fisici, quando nelle notizie di cronaca si parla dell’ennesimo femminicidio?

Avvertono un ennesimo campanello di allarme che le fa esclamare “Forse sono davvero in pericolo”?

Scatta la negazione che fa pensare: “A me non può succedere?”

Cambiano canale, girano pagina?

E i figli di quelle stesse donne? Avvertono che la mamma è in pericolo, ma non sanno come comportarsi perché si tratta del loro papà?

 Quali sono i fattori di rischio per le donne?

- Violenze fisiche o sessuali – il maltrattante è violento a prescindere, o per futili motivi, non perché la vittima lo provoca.

- Atteggiamenti di gelosia, controllo eccessivi.

- Minacce pesanti di violenza e morte, intimidazione nei confronti dei figli, lanci di oggetti.

- Aumento dell’escalation della violenza.

- Precedente violazione di provvedimenti di polizia già emessi  -ammonimento, sospensione della potestà e allontanamento.

- Presenza di armi in casa.

- Atteggiamenti che giustificano o condonano la violenza a livello culturale o religioso.

- Abuso di sostanze, alcol o droga del maltrattante che abbassano la soglia di controllo delle emozioni.

- Disoccupazione o gravi problemi  economici.

 Cosa fare?

1522 è il numero antiviolenza nazionale. Ci sono centri in tutta Italia. Ascoltano la situazione, la valutano con voi e vi consigliano come comportarvi rispettando le vostre paure e cercando di garantire sempre la sicurezza.

Se non ve la sentite di chiamare subito, parlate con qualcuno di fiducia accanto a voi, o con uno psicologo  che vi aiuterà a fare chiarezza.

 

Perché non vengono presi provvedimenti pur sapendo di trovarsi in pericolo?

Si sottovaluta il pericolo: la percezione del rischio di vita segue dinamiche che non hanno a che fare con i normali meccanismi di probabilità. Ad esempio, si ha più paura di morire in un incidente aereo piuttosto che in uno di macchina, mentre statisticamente è più probabile il secondo. Ma la frase più pericolosa è “A me non può succedere”.  Ma le donne uccise dai propri cari dopo anni di violenza e maltrattamenti, avrebbero mai pensato che sarebbero arrivate a quel punto?

- Si è abituati all’atteggiamento di sottomissione e dipendenza, le sopraffazioni non creano più allarme: se un essere vivente viene buttato improvvisamente in una vasca di acqua bollente, schizzerà fuori immediatamente. Se si trova immerso e l’acqua si scalda lentamente, si abituerà piano piano alla temperatura, si intorpidisce e non si accorge della temperatura troppo elevata.

- Fattori culturali: un certo tipo di cultura prevede che sia l’uomo che “porta i pantaloni”, è il capofamiglia, colui che detta legge, e la donna è colei che segue i dettami dell’uomo, passivamente.

- Fattori personali: sono complessi e variabili da persona a persona. Freud sostiene che l’essere umano non sempre è guidato dalla ricerca della propria felicità, spesso una forza oscura, inconscia, la pulsione di morte,  prevale sul naturale istinto alla vita ed alla conservazione.

- Schemi familiari appresi: si tende a riprodurre quello che si è vissuto in famiglia, comportamenti manifesti ed atteggiamenti inconsci. Se la madre ha sempre subito passivamente pensieri, comandi, atteggiamenti del marito, può crearsi la convinzione che le relazioni di coppia funzionino così.

- Dipendenza affettiva: la tendenza ad attaccarsi al partner anche se non fa stare bene, ha atteggiamenti strani, per paura di restare da sole o di non trovare nessun altro. La situazione è più complicata se ci sono figli e se si vive in un piccolo centro.

- Senso di colpa: la manipolazione affettiva del partner induce la donna a credere che lei merita quel tipo di trattamento. Ritiene che la responsabilità sia sua, e che se si comporta meglio forse la relazione funzionerà.

- Paura della reazione del partner: questo timore è sensato. Se per trent’anni si è subito passivamente tutto, iniziare ad “alzare la testa” può essere vissuto come un affronto dal partner. Bisogna agire con cautela. Il primo passo è parlare e confrontarsi con qualcuno di esperto per muoversi nel modo più consono a sé ed alla propria famiglia, ovvero evitando pericoli per tutti.

I momenti di rischio maggiore per una donne sono due: quello in cui si decide di lasciare il proprio partner, quando si accetta di rivedersi per un ultimo chiarimento. 

Ti senti una donna a rischio? Temi che una tua amica o familiare sia in pericolo?

Compila il questionario e segui le indicazioni.

http://www.surveygizmo.com/s3/954104/ISA-online


Fonte: http://www.lastampa.it/2015/01/30/italia/cronache/dominio-controllo-e-rigidit-michele-travolto-dai-suoi-demoni-bekBiPTVssPmWxgDIyDnzJ/pagina.html 

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