Marc Márquez, il cosiddetto “marziano”della MotoGp, al debutto nella Classe regina del Motomondiale ha già fatto capire chi è ai propri avversari (del resto, nessuno prima di lui aveva vinto quattro Gran Premi consecutivi nella stagione d’esordio nella categoria maggiore) e, come tutti i campioni, sembra riuscire a compiere imprese incredibili con una semplicità davvero disarmante.
Il pilota del team HRC ha solamente 20 anni, accarezza l’asfalto con la grazia di un fuoriclasse, mostra una guida esuberante e talvolta al limite, e a chi lo osserva trasmette la sensazione di rincorrere un obiettivo ben preciso: diventare il numero uno. A colpire in lui è il netto e vivido contrasto tra la sua giovane età e la padronanza con cui porta la sua Honda, tra l’imprevedibilità della sua guida e la continua ricerca di auto-perfezionamento, tra il suo sorriso acerbo e lo sguardo vivace di chi sa bene che cosa vuole.
Appare consapevole Márquez non soltanto della competitività del mezzo che la Casa giapponese gli ha messo a disposizione, ma soprattutto delle sue grandi capacità. A questo punto è naturale chiedersi come ciò sia possibile, come può un giovane pilota, seppur talentuoso, sapersi “dosare” così bene e riuscire a sfruttare al meglio le proprie potenzialità? Il tutto senza essere schiacciato dalle emozioni, dal peso della responsabilità o dall’incessante agonismo?
La risposta può riassumersi nella sua intrinseca e sviluppata capacità di “Self-Efficacy” (o “Auto-Efficacia”, concetto definito per la prima volta dallo psicologo Albert Bandura). Con il termine di “Self-Efficacy” si definisce la percezione che abbiamo delle nostra capacità di portare a termine con successo un compito che ci troviamo ad affrontare. L’idea che abbiamo della nostra auto-efficacia influenza inevitabilmente le nostre scelte, le aspirazioni, i livelli di sforzo, la perseveranza, la resilienza, la vulnerabilità e, in generale, la qualità della nostra prestazione!
La credenza di una buona auto-efficacia, propria dell'imberbe Marc, è certamente uno dei suoi punti di forza e gli permette di affrontare i “compiti difficili” come sfide da vincere piuttosto che come pericoli da evitare; di porsi obiettivi ambiziosi e di impegnarsi fortemente nel loro raggiungimento; di intensificare l’impegno di fronte alle difficoltà e di mantenerlo costante, di recuperare rapidamente il proprio senso di efficacia in seguito a eventuali insuccessi o regressioni; di attribuire un insuccesso a un impegno insufficiente o a una mancanza di abilità che possono comunque essere acquisite; di affrontare le situazioni “minacciose” con la sicurezza di poter esercitare un controllo su di esse.
Un atteggiamento efficace, quindi, tende a procurare successi personali e a ridurre lo stress nonché a limitare la vulnerabilità alla depressione. L’atteggiamento efficace è insito in Márquez, sembra non abbandonarlo nemmeno quando l’errore è lì a un passo, ma anzi è proprio in quei frangenti che pare compiere un salto di livello: è proprio nella difficoltà, infatti, che Marc cerca ancora di più di ottimizzare il risultato, sempre e comunque. E lì che spesso decide di osare, attraverso un sorpasso o una manovra apparentemente azzardata, ma in realtà già visualizzata e provata nella propria mente.
Avere auto-efficacia non significa essere ciecamente convinti delle proprie capacità, ma piuttosto di saper scegliere la soluzione migliore: provare a capire se il limite è ancora distante o al contrario percepire che oltre quella soglia si nasconde il rischio di un "errore" e nel Motociclismo è chiaro che evitare un errore significa sfuggire a un pericolo reale.
Si tratta di saper effettuare un esame di realtà, comprensivo di una valutazione in merito alle proprie opportunità/limiti e rispetto alle eventuali insidie che si potranno presentare durante la performance stessa; conoscere l’intero “pacchetto” permette di affrontare le sfide con preparazione mentale e di poterle quindi superare.
Márquez “si conosce”: forse è proprio questo il suo segreto. Gli sono chiare le proprie risorse e sa renderle dinamiche e adattabili alle diverse circostanze che si presentano in gara. Quando infatti riusciamo a rendere fluide e adattabili le nostre capacità, allora siamo al riparo da noi stessi, da sempre il primo grande avversario di ogni atleta: a quel punto siamo in grado di affrontare le nostre paure e le nostre sfide.
Ogni gara si disputa sì in pista, ma ancora prima si gioca nella nostra mente, nei pensieri e nelle fantasie che elaboriamo sulla nostra futura performance; scendere in campo sicuri dei nostri punti di forza ci aiuta a raggiungere il risultato e a promuovere una profezia che si auto-avvera attraverso il raggiungimento del risultato...
di Sara Rosa, psicologa dello sport
tags: MotoGp
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5 Commenti
- 1
Pienamente condiviso
Come da titolo condivido in pieno!
Marquez è OLTRE !! - 2
è ora di schiacciare lorenzo
- 3
Bella idea
Mi piace questo filone di approfondimento che avete lanciato: spero che non sia una cosa isolata, ma ci sia modo di sviscerare diversi aspetti delle corse...
- 4
@2
se si riuscisse anche a schiacciare i @retini non sarebbe male.
1) non sono tifoso di Lorenzo
2 non sono tifoso di Rossi
3) non sono tifoso della Ducati
al fine di non avere altre repliche del cavolo!!
MI PIACEREBBE SOLTANTO UN PO' PIU' DI MODI INTELLIGENTI! chiedo troppo?!! - 5
Da sempre sostengo che il "campione", per essere tale, deve essere forte prima ancora di testa che sotto il punto di vista tecnico. Però credo che queste siano doti caratteriali innate, non penso che un ragazzo di 20 anni abbia avuto il tempo di venire formato in questo senso. Succede come nel caso di Rossi, che è da sempre "forte di testa" ancora prima che tecnicamente.
Di piloti che vanno veloci ce ne sono molti, ma campioni pochi, ed è questo che fa la differenza.
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