In questi ultimi anni sono decisamente cambiati i modi in cui gli adolescenti stanno assieme, facendo esperienza di gruppo, e ciò è stato possibile grazie all’avvento della Cyber Technology, la quale ha definitivamente introdotto un nuovo modo di parlare, pensare, ragionare e ha sviluppato atteggiamenti singolari e plurali. È così che la cyber psicologia “indaga i circuiti di interazione, naturali e artificiali, tramite i quali le identità personali s’interfacciano con gli ambienti tecnologici” (Cardaci M. (a cura di), 2001, Ciber-psicologia, Carrocci Editore, Roma, pg. 10).
In questo contesto di ricerca, è ovvio che gli adolescenti costituiscano il campo di indagine privilegiato, in nome della loro necessità di sperimentare la nascita dei sentimenti di autonomia personale attraverso la vita di gruppo. In effetti, le ricerche dimostrano che gli adolescenti tra i 12 e i 15 anni e in genere i giovani sino a 20 anni utilizzano internet 87 ore in un mese, ossia con una media di 3 ore al giorno, visitando siti di intrattenimento oppure ludici, al contrario degli adulti che ricercano nella rete informazioni di tipo lavorativo oppure formativo (non prendiamo in esame l’utilizzo di internet per la visione di siti pornografici da parte degli adulti).
Internet diviene così sempre più pervasivo, e non è raro scoprire che i nostri adolescenti si conosco in chat e si lasciano, anche dopo una breve o lunga relazione amorosa, tramite un sms oppure per televisione, inserendo un video su Youtube. Le foto, momenti della propria storia d’amore diventano in questo modo veri e propri metodi psico-sociali per abbandonare la persona a se stessa, oppure per dichiarare, più o meno apertamente, che una storia d’amore intenso è improvvisamente terminata, senza un incontro reale e il minimo colloquio, faccia a faccia.
Ma quali effetti esercita questo massiccio uso di internet nell’adolescente e quanto influisce sul suo sviluppo individuale e relazionale?
Prima di rispondere, riportando le ricerche pubblicate recentemente, è necessario tentare di comprendere alcuni tratti psicologici che caratterizzano la mente adolescenziale, facendo in questo caso riferimento al concetto di autorità ed autorevolezza. La più importante ricerca effettuata sui tratti della personalità autoritaria, come fondamento di atteggiamenti condivisi che inducono a comportamenti razzistici, è stata quella (e secondo me rimane tale) di Theodor Adorno et al. che ha raccolto dati su 2099 americani dal 1944 al 1949. Adorno ha così scoperto che esiste una “specie antropologica”, nella quale confluiscono idee e capacità di una società altamente industrializzata e credenze irrazionali o anti-razionali di epoche antiche. Inoltre, gli autori individuano nella stereotipia, ossia nella tendenza a generalizzare le caratteristiche di un singolo individuo, oppure situazione, ad un’ampia fascia di persone, l’aspetto caratterizzante dell’identità autoritaria. La discriminazione razziale avviene dunque su ulteriori stili comportamentali: i sostenitori dei valori morali e i violentatori dei valori morali.
Il discorso sull’autorevolezza è diverso, perché riguarda invece la capacità di ricevere legittimazione sociale da coloro che ritengono autorevole una persona, ossia in grado di esprimere valori e concetti considerati positivi ed utili dalla società, oppure dal gruppo di appartenenza. In questo contesto, tale caratteristica diventa particolarmente interessante, perché è proprio questo tipo di atteggiamento a fondare la tolleranza.
Bene, durante l’adolescenza, specialmente i maschi, i quali sono più sensibili alla strutturazione gerarchica del potere rispetto alle femmine, si trovano a dover sperimentare la formazione di una loro identità al di fuori della famiglia, ossia nei gruppi. Oggi, molti gruppi sociali sono virtuali e si chiamano social forum; dietro a questi possiamo trovare diverse tipologie di personalità, che io preferisco definire identità.
Voglio dire che dietro ad ogni individuo si nasconde una personale identità, con tratti esclusivi e tipici perchè frutto di una storia personale, ed altri tratti comuni perché partecipati dalla totalità delle relazioni sociali di un gruppo. Avremo individui più o meno autorevoli, altri relativamente autoritari ed altri ancora che sono portatori delle due caratteristiche. Non si vuole dire che abbiamo a che fare solamente con questi due tratti dell’identità, perché ogni essere umano è sicuramente un mosaico integrato di bisogni, desideri, aspettative, necessità, progetti e pulsioni.
Si vuole però evidenziare che gli atteggiamenti leaderistici presenti nei gruppi di adolescenti si ritrovano anche in internet, e che alcune volte tali loro atteggiamenti sfociano in comportamenti autoritari trascurando quelli più educativamente utili e autorevoli.
Questa premessa ci aiuta a comprendere il risultato delle ricerche psicologiche effettuate sull’utilizzazione di internet da parte degli adolescenti e le loro contraddizioni in termini. Abbiamo infatti, da un lato, un autore come Kraut che rileva come internet diminuisca la partecipazione sociale reale dei giovani alla vita di gruppo aumentandone la solitudine, mentre Shaw e Gant non hanno mai osservato tali significative differenze (Kraut R. et Al., 1998, Internet paradox: A social technology that reduces social involvement and psychological well-being, in American Psychologist, 53:1017-1031 e Shaw L.H., Gant L.M., 2002, In defense of the internet: the relatioship between internet communication and depression loneliness, self-esteem, and perceive social support, in CyberPsychology and Behavior, 5:157-171).
Tali discrepanze nei dati delle ricerche dimostrano che alla base di quello che accade in rete vi è la motivazione personale, che fa parte del vissuto individuale di ciascun utente. Ciò significa che, se un adolescente segue un modello identitario secondo cui le relazioni sociali sono espressione della diade dominio-sottomissione, ossia un modello tipico dell’autoritarismo, utilizzerà internet per esprimere tale modello sotto forma di cyberbullismo.
Al contrario, un modello di riferimento secondo la conquista della propria autorevolezza, porterà l’adolescente a sviluppare il dialogo, cercando anche di stabilire una rete di contatti maggiore, perché non vedrà in essa nessuna minaccia al proprio modello, dunque al proprio comportamento.
Rispetto a molti altri tratti dell’identità psicologia umana occidentale, con i dovuti distinguo culturali e geografici, mi sono voluto soffermare su questi due, autoritarismo ed autorevolezza, perché ritengo siano oggi ritornati decisamente alla ribalta, non solo della cronaca nera, ma delle relazioni umane e in diversi campi dell’agire umano.
Il non nascondersi dietro un nickname, mantenere una webreputation che si basa sull’identità fra quello che sono in realtà e quello che dico di me in rete, testimoniano atteggiamenti mentali positivi, sia verso se stessi che verso il mondo, con la capacità di controllare gli impulsi aggressivi.
Quando invece incontriamo qualsiasi forma di prepotenza verbale in rete, o proposte di visioni cruente senza avviso preventivo, ci deve essere chiaro subito che siamo in presenza di atteggiamenti che vanno attentamente valutati. Uno dei modi per farsi una idea in merito, è certamente quello di non cadere mai nella rete di violenza o sopraffazione che incontro. Peraltro, in caso contrario, specialmente i neuroni specchio si attivano verso atti impositivi, sia pure telematici.
Con questo non si vuole dire che vi sia una precisa identità in rete tra aggressività e autoritarismo, oppure tra tolleranza e autorevolezza, ma, certo, prestare attenzione a fenomeni di stereotipia cognitiva, ossia esagerazioni e generalizzazioni, ci può dare qualche indicazione utile.
Alessandro Bertirotti