Ottimo, dopo Forum PA e varie storie d’incontri conviviali ci si ferma sempre un pò a rileggere gli avvenimenti. Ho apprezzato moltissimo le visioni più o meno critiche emerse qui tra i pioneri e in giro per le varie community. Per motivi professionali ho latitato, come spesso faccio mio malgrado, dai vari consessi. L’aratro, pure digitale, non si può abandonare al suo destino col pilota automatico. Però ascolto e osservo molto quello che accade specialmente al Forum in cui le PA vanno a sciorinare cose fatte davvero, cose fatte poco e male, cose fatte senza capirne il perché e per come. Ho sentito autocritiche mai rilevate prima d’ora tra gli stessi dirigenti pubblici. E’ un’evoluzione, una qualche parvenza di avvio al cambiamento, al ricambio generazionale e metodologico? La domanda sorge spontanea e consequenziale: ma il paese è indietro perchè la PA è arcaica e fetente oppure la colpa è di cittadini e imprese? La PA a volte fa autocritica, ma mai marcisa indietro o accelerazione in avanti sufficientemente dinamica, competente e veloce. Ebbene qui il dilemma è amletico, anzi pennuto e oviparo visto che siamo in piena bagarre da attualizzazione dell’Agenda digitale. Processo lento, eppur si muove, che parte dall’alfabetizzazione, finalmente si da priorità e spazio alla cultura digitale.
Imprese e cittadini hanno una dimestichezza con le nuove tecnologie certamente maggiore almeno in termini di ‘consumo’ e skill di base rispetto a chi ‘serve’ nel mondo pubblico. In alcuni casi di gran lunga superiore, specialmente tra le imprese. Moltissime imprese italiane hanno un grado di digitalizzazione tanto superiore all’ecosistema pubblico che le circonda da esser divenuto impossibile che la PA serva quelle imprese in maniera efficiente ne tantomeno efficace. In tal caso l’impresa subisce l’impatto dell’ecosistema sulla propria competitività e pensa a delocalizzare, a fuggire, o peggio subisce la decrescita obbligata. La colpa non è certo dell’imprenditore o dei suoi dipendenti, eppure sono loro a subire una PA dissestata culturalmente, non solo finanziariamente. Cittadini che si recano all’anagrafe e aiutano il funzionario comunale a sbloccare il ‘terminale bloccato’. Aziende che operano con metodi, tecniche e tecnologie che alla propria Camera di Commercio sono totalmente sconosciute.
La cosa divertente e – francamente – anche demoralizzante è che quando il cittadino si fa ‘ufficiale pubblico’ spesso ‘perde la scienza’, il suo progresso personale si fa segreto rispetto al suo esprimersi lavorativo, spesso mette un cappello da burocrate, cambia status sociale e dimentica il dinamismo gestionale classico di una persona ormai abituata nella propria vita civile a trovare il miglior prezzo prima di acquistare, E’ emblematico che un individuo a casa propria utilizzi il trattore con aria condizionata, e nell’ufficio pubblico torni all’aratro o quantomeno utilizzi il trattore spingendolo come un aratro.
C’è un problema di cultura di base (il funzionario non formato), di approccio culturale al dovere di un funzionario pubblico (la persona skillata che nel posto pubblico perde la scienza), ma esiste un altro problema ben più articolato. Ovvero, benché sia avvertita da tutti l’esigenza di semplificare e velocizzare le procedure amministrative per favorire lo sviluppo di impresa e territorio, sono evidenti gap marcati tra offerta e utilizzo effettivo dei servizi, ciò evidenzia come, essendo forte e scontata la domanda, sia proprio il metodo di realizzazione ed erogazione dei servizi e-Gov ad essere “bacato”’.
Il gap tra offerta di servizi pubblici online e utilizzo effettivo degli stessi è tema da affrontare a livello UE se, come accade in molti paesi dell’Europa del Nord, quando l’offerta è elevata persistono barriere d’ingresso di carattere culturale e generazionale (suggerisco vivamente questa lettura ‘olandese’). L’utilizzo scarso degli strumenti online non può però costituire una scusante per qualunque ritardo da parte delle P.A. nell’introduzione di strumenti innovativi. Innanzitutto per l’ ‘impatto organizzativo’ che, quando snellisce i processi e ottimizza i costi, rappresenta un importante passo avanti delle P.A., ancor prima di valutare l’impatto positivo o meno sull’utenza finale, sia essa impresa o cittadino. Cambiamento in atto, lento ma inesorabile che dovrà riformulare il paradigma relazionale che ha legato cittadini-imprese-PA nell’ultimo secolo. Sistema di relazioni fin troppo spesso spesso borderline col malaffare e l’ignoranza e che ha fatto si che mentre negli ultimi 20 anni molte parti del mondo post-moderno andavano avanti, l’Italia si manteneva arcaica e gattopardesca.
Ciò stabilito, va considerata la diffusione del sapere digitale tra gli utenti nella PA, in parte diffidenti in parte ignoranti sull’uso della rete. Un ritardo culturale dovuto anche alle insufficienze dell’offerta e alla carenza delle infrastrutture immateriali in alcuni contesti, ma soprattutto ad una adozione non adeguata di strumenti e metodi innovativi legati alle TIC nel sistema educativo/formativo.
L’origine di questi “bachi” è sia strutturale che culturale: la difficoltà di accesso ai servizi; la diffusione ancora limitata della banda (non solo quella larga, ma anche quella con uptime dignitosi); la diffidenza nei confronti di internet; la insufficiente preparazione tecnica degli amministratori pubblici (e a volte, ahimè, degli imprenditori ) refrattari a passaggi generazionali; a cui si aggiunge, in alcuni casi, la percezione della scarsa utilità dell’offerta. Da tutto ciò risulta evidente una forte lacuna di carattere strategico, in assenza di piani consistenti e coerenti che si sviluppino sul lungo periodo consentendo, nell’arco di 5-10 anni, di intervenire in maniera integrata in primis su educazione, formazione, corsi universitari, investimenti in infrastrutture di rete sia materiali che immateriali. E sulla formazione e ccoaching allo sfruttamento delle nuove tecnologie da parte dei funzionari pubblici. Questo ultimo fattore, nella esperienza di molti specialisti che si muovono in maniera organica nella PA .
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