Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di pronunciare questa frase,ovvero:“Pensavo fosse mercoledì invece siamo già a giovedì”.Tale frase ha suscitato la curiosità di tanti psicologi i quali hanno indagato nel corso degli anni sui meccanismi che ingannano la nostra mente. Stando da quanto emerso, sembra che perdere il conto dei giorni della settimana, sia una cosa molto frequente, che capita ad oltre un terzo delle persone. Quanto sopra detto è stato dimostrato da uno studio inglese pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Plos One, che spiega perchè sia così facile confondersi, soprattutto fra gli infrasettimanali.
E’ più difficile, stando ai risultati dello studio, scambiare il lunedì con il venerdì, perché dotati di una sorta di identità, rispetto agli altri giorni. Nello specifico, i ricercatori inglesi delle università di York, Lincoln e Hertfordshire hanno chiesto ai partecipanti allo studio quali parole sono più fortemente associate a determinati giorni. Ne è emerso che lunedì e venerdì hanno le rappresentazioni mentali più forti: il primo è legato a termini negativi come «noioso» e «stanco» e il secondo a parole positive come «libertà» e «partire». Martedì, mercoledì e giovedì, invece, sono meno caratterizzati e ciò li rende più confondibili, cosa che ha fatto ben un terzo dei partecipanti. E anche chi non li ha confusi, ci ha messo più tempo a individuarli.
«Il ciclo settimanale viene ripetuto per tutti noi sin dalla nascita, questo si traduce nel fatto che ogni giorno della settimana acquisisce il suo carattere», è questo quanto dichiarato da David Ellis, della Scuola di Psicologia dell’Università di Lincoln. «Uno dei motivi per cui i giorni infrasettimanali evocano un minor numero di associazioni potrebbe essere legato a quanto raramente si verificano nel linguaggio naturale, fornendo così minori opportunità di abbinamento. Per esempio, abbiamo una grande varietà di canzoni pop che fanno uso di lunedì e venerdì, mentre sono raramente utilizzati i giorni infrasettimanali», suggerisce il co-autore Rob Jenkins, del Dipartimento di Psicologia presso l’Università di York.