Ho moltissime volte affrontato il tema dell’ansia in questa rubrica, e oggi l’attenzione si concentra tutta su un aspetto specifico: l’ansia da prestazione.
Immersi come siamo in una società che senza distinzione alcuna di età ci sottopone continuamente a spinte di successo in qualsiasi ambito ci ritroviamo spesso a confrontarci con gli altri e di conseguenza con noi stessi, facendo spesso i conti con sentimenti di inadeguatezza e persino di inferiorità.
Questo tipo di ansia, quando è positiva, permette di attivarci per riuscire a rendere al meglio in determinate circostanze, soprattutto in quelle che richiedono una grande concentrazione e pertanto può permetterci di raggiungere l’obiettivo prefissato. Quando invece sfocia in ansia “negativa” diventa un meccanismo di auto sabotaggio, ossia un meccanismo attraverso il quale non riusciamo ad affrontare in maniera adeguata i compiti che ci eravamo prefissi.
Sono diversi e molteplici i casi in cui ci si può sentire attraversati da questa forma di ansia: in ambito lavorativo, scolastico, in palestra e persino a letto. Ciò accade soprattutto in quelle persone che pensano alla “prova” da superare in relazione a qualcuno e al giudizio negativo che ne potrebbe scaturire. Così non si è concentrati sulla situazione ma su di sé, sul proprio ideale, su come poter portare avanti una “prestazione” perfetta, che diventa la misura dell’accettazione o dell’esclusione da parte degli altri. E ciò genera tensione, parecchia tensione.
Questo è un atteggiamento che si può ritrovare anche nei bambini che spesso, al giorno d’oggi, si ritrovano a dover “dare il meglio di sé” in attività scolastiche, sportive, alcune volte anche eccessive se pensiamo alla loro età e che spesso non sono altro che il riflesso di pretese e ansie genitoriali di voler plasmare dei figli quasi perfetti.
Ovvio che dietro tutti questi meccanismi ci sono delle motivazioni assolutamente soggettive, come per esempio eventi passati sociali, affettivi, relazionali in cui si sono sperimentati vissuti emotivi e cognitivi di disagio che poi giocano un ruolo fondamentale nelle future risposte della persona all’ambiente o anche l’avere genitori o figure di riferimento con elevati livelli di ansia che possono diventare modelli da imitare.
Si può dire in definitiva che il problema dell’ansia da prestazione nasce nel momento in cui le proprie azioni non sono considerate delle semplici attività quotidiane ma una sorta di “performance” da portare avanti per poter ottenere il riconoscimento e l’approvazione degli altri. Quando poi questa preoccupazione raggiunge livelli elevati tali da risultare eccessivi si genera quel disagio psicologico fatto di paure di fallire, di non riuscire, di ottenere un giudizio negativo da parte degli altri e che andrebbe invece ridimensionato riconoscendo un valore a se stessi piuttosto che al modello ideale che culturalmente ci si costruisce ogni giorno.
Dott.ssa Florinda Bruccoleri
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psiconcologa ed esperta in psicologia forense.
Sito web: www.florindabruccoleri.it