Novara -
Si è svolto alla Melbook Store di corso Italia il secondo appuntamento del ciclo di conferenze tenute dalla dottoressa Barbara Camilli dell’Associazione Psicologia Utile. Argomento della serata Essere Genitore: il ruolo dell'ascolto attivo. Partendo dal presupposto che un bambino, per quanto piccolo sia, è un essere umano dotato di pensiero e, in quanto tale, va ascoltato si è cercato di approfondire ed esplicare le “regole” migliori quando si tratta di comunicazione.
«Spesso, i genitori inconsciamente non prestano attenzione a quanto il bambino sta dicendo, ma pensano solo a formulare una risposta. Inoltre, per di più, nella maggior parte dei casi, ciò che dicono contiene quelli che Thomas Gordon chiama “blocchi della comunicazione”: giudizio, consigli non richiesti, prediche. Invece, la cosa fondamentale con i nostri figli, ma anche con il proprio coniuge e nei rapporti interpersonali, in generale, è quella di mettersi veramente ad ascoltare, proponendo delle “frasi d’invito” come “dimmi”, oppure “continua” ed espressioni di questo genere.
È importante, infatti, ascoltare per capirne esigenze e bisogni, specie con i bambini» ha spiegato la dottoressa Camilli. Pochi sanno che il dialogo è condizionato, tra le altre cose, dalla postura del corpo, dal nostro atteggiamento, dal tono della voce e che i bambini prestano particolare attenzione a questi fattori. È perciò importante riuscire a veicolare in maniera corretta ciò che diciamo, almeno quanto lo è dire le cose giuste. «Dopo questo percorso, mi sono reso conto di tanti piccoli errori che commettevo.Per esempio, quando mio figlio voleva stare ancora nella vasca da bagno per giocare, spesso mi opponevo in maniera perentoria, scatenando capricci e scenate.
Sono solo piccole cose, ma alla fine messe insieme compromettono il rapporto. Ora, invece, cerco di ascoltarlo veramente, di capire i suoi bisogni e di vedere mio figlio come persona. È importante essere sinceri e riuscire a porre le cose nella giusta maniera con piccoli accorgimenti come negoziare la soluzione o spiegargli il perché di certe cose: se io voglio che esca dalla vasca perché non ho tempo, non gli dico che è un bambino cattivo se non lo fa, ma che deve smettere di giocare in quel momento perché io ho da fare la cena. In questo modo pongo l’accento su di me, su di una mia esigenza e non su di un suo presunto errore. E i risultati, devo dire, si vedono» ha chiosato Daniele, un genitore che ha fatto esperienza diretta di queste tecniche di comunicazione.