Anche se nella testatina del blog compare sempre il nome del curatore, Pierluigi Panza, qui ospitiamo un intervento di Luca F. Ticini e Marina  Brenere* sulla mostra di Alexander McQueen a Londra.
di Luca F.Ticini e Marina Brenere
LONDRA – È calato il sipario sulla prima retrospettiva europea dedicata alle creazioni di Alexander McQueen, uno fra i designer più innovativi del nostro secolo (“Alexander McQueen: Savage Beautyâ€�, Victoria and Albert Museum 14 marzo – 2 agosto 2015). Noi l’abbiamo visitata per esplorare, in un unico spazio, lo straordinario talento creativo di questo artista recentemente scomparso.
La mostra ha celebrato la “bellezza selvaggiaâ€� (“Savage Beautyâ€�) delle creazioni di McQueen, sconvolgendo totalmente il classico concetto del “belloâ€� che invece è stato il tema principale di un’altro evento, sempre a Londra, dedicato alla più classica delle bellezze: quella del corpo umano (“Defining beauty: the body in ancient Greek artâ€�, British Museum 29 marzo – 5 luglio 2015). Infatti, c’è ben poco di bello nelle collezioni “Jack the Ripperâ€�, “VOSS” o “Highland Rapeâ€�: ci hanno accolto al Victoria and Albert Museum donne violentate, vestite di nero, coperte da abiti stracciati, spruzzate di sangue, o nascoste dietro maschere tenebrose o abiti creati con animali tassidermizzati. La meraviglia, la repulsione ed il terrore suscitati da questa “bellezza selvaggiaâ€�, secondo i curatori della mostra, richiama al sublime. In realtà , come già esposto in un precedente articolo (Corriere della Sera, 30 novembre 2014), la “bellezzaâ€� intesa in modo classico è legata all’armonia tra le parti, mentre il “sublimeâ€� – che si addice meglio ai lavori di McQueen – alla capacità di turbare. Già distinti dal britannico Edmund Burke nella sua Inchiesta sul bello e sul sublime del 1757, “belloâ€� e “sublimeâ€� coinvolgono meccanismi percettivi radicalmente differenti anche se talvolta, come forse in quest’occasione, sono usati come sinonimi l’uno dell’altro.
Ma la vera domanda che ci siamo posti visitando la mostra è stata la seguente: come il disgusto, lo smarrimento e il turbamento che queste collezioni provocano nel visitatore può trasformarsi in un’esperienza estetica? La psicologia ci viene in aiuto per spiegare questo fenomeno, noto come effetto rimbalzo: un’opera d’arte può essere percepita più bella se è vista dopo delle immagini terrificanti. Infatti, nel cervello, l’automatica inibizione delle emozioni negative in risposta alla vista di immagini violente stimola le emozioni opposte, innescando così una valutazione estetica positiva dell’opera. Non sappiamo se McQueen abbia scelto di proposito questo percorso cognitivo per rappresentare il suo concetto di estetica, ma abbiamo buone ragioni per credere che l’effetto ultimo sul visitatore sia quello appena descritto. Ciò evidenzia come questa retrospettiva, in un modo o nell’altro, metta in luce la capacità di Alexander McQueen di manipolare la mente umana per mezzo di uno stile estetico unico e irripetibile che lo ha reso celebre.
Luca F Ticini PhD FRSA, è docente universitario e presidente della Società Italiana di Neuroestetica “Semir Zeki�
Marina Brenere è un’artista e fashion designer specializzata nel mercato di lusso.